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La "gita delle pentole" dei grillini pareva un tour della terza età

La riunione dei deputati M5S offre uno spaccato (quasi) peggiore di quello della Casta: la corsa con i trolley, i bus fermati per andare in bagno...

Andrea Tempestini
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  di Mario Giordano A metà fra il viaggio delle pentole e  la scampagnata premio per gli agenti del Folletto. Un po' anche gita scolastica,  con quelli seduti in fondo che tirano le palline di carta e quelli seduti davanti che cantano «Azzurro» insieme a capoclasse e prof. Con qualche elemento che ricorda anche (...) (...) la visita guidata dell'Università della Terza Età,  con fermata obbligatoria alla piazzola perché, si sa, in certe circostanze più dell'autista guida la prostata.  Ecco la trasferta dei grillini all'agriturismo di Tragliata, fra Fiumicino e Fregene, è stato tutto questo, e anche un po' di più. O di meno. Quasi una roba da ridere se non fosse che quelli sul pullman non erano studentelli arrapati, né anziani da abbindolare con le pentole e nemmeno agenti del Folletto. Erano, o meglio sono, parlamentari della Repubblica. E anche a chi da sempre denuncia la pomposità eccessiva delle istituzioni  viene un po' di magone a vedere le istituzioni ridotte così: tre pullman che trasportano il sedicente futuro della Repubblica ad affogare in un pranzo a base di vino dei castelli e paccheri porcini&guanciale. Doveva essere un incontro segreto, e invece è avvenuto tutto sotto le telecamere. Proprio tutto. Il ritrovo al mattino alle 10 al bar L'angolo di piazzale Flaminio. La sosta sotto l'insegna colorata che promette «gastronomia, gelateria e frullati». La colazione, cappuccino e brioche. Le prime dichiarazioni pigre che mescolano l'equilibrio della commissione bilancio e gli occhi ancora cisposi del mattino. I deputati e i senatori che arrivano con il trolley. Quelli in ritardo che s'affannano. Quelli puntuali che sbuffano. «Ci sei? Ci siamo? Si parte?». Le solite domande. La solita domanda: «Sì, si parte ma dove si va?». L'arrivo degli autobus (tre, uno rosso e due bianchi). La corsa ai posti.  Di nuovo i trolley. «Mi raccomando, non dimenticate niente». «Io sto davanti che soffro». «Ti siedi vicino a me così ascoltiamo l'I-pod?». «Preferirei cantare Battisti…». Gli autisti che fingono di non conoscere la destinazione («riceveremo istruzioni lungo il percorso»). Poi il via sotto la pioggia.  Con una carovana di giornalisti al seguito. «Mi segua quel pullman», hanno cominciato a gridare i reporter. «Mi segua quel pullman», hanno fatto eco gli operatori Tv. Ed era tutto un gridare, telefonare, messaggiarsi. «Dimmi che non è vero». Invece è  vero. Eccome: tutto vero. La fuga continua, la rincorsa pure, come in un telefilm americano di serie B. «L'abbiamo preso». «Non lo perdiamo». «Non perdetelo». C'è un semaforo, il pullman si ferma, un altro semaforo, corso Francia, un giro tortuoso, la tangenziale, il raccordo anulare. «Andiamo all'Aquila», prova a depistare uno. «Vanno all'Aquila, vanno all'Aquila», dice il tam tam del codazzo. No, non vanno all'Aquila. Si fa un giro, poi un altro giro, una giravolta, la riverenza, dai un bacio a chi vuoi tu. All'improvviso si fermano in una piazzola. Che fate?  «C'è una sosta in cabina», dice un senatore in vena umoristica. Cabina elettorale? Macché: intende dire il wc. Evidentemente l'alta idea della politica qui traspira da ogni poro. E non è l'unica cosa che traspira, a giudicare almeno dalle zaffate che escono dagli autobus. Succede  in ogni gita delle pentole che si rispetti. Si riparte, avanti, il primo autobus è quello rosso, poi c'è il secondo, poi il terzo più piccolino.  I parlamentari sono 163. Saranno presenti in 150. Il percorso si complica, si contorce, si avvita su stesso. «Ci prendono in giro», si lamentano i giornalisti al seguito, ma non mollano la presa.  Finché la direzione appare chiara: si va verso Fiumicino. Una strada stretta, un po' di prati bagnati. Il pullman rosso si ferma, escono i parlamentari, prendono i loro trolley. Arrivano anche gli altri. Agriturismo «La quiete», un bel casale, tanto verde, statue, fontane, location che sembrano fatte apposta per le foto della sposa. Chissà quante ragazze di Fregene  hanno sognato con l'abito bianco facendosi immortalare in posa su questi ponticelli.  Sui tavoli apparecchiati ci sono anche i tovaglioli intrecciati a forma di cigno. Sulla porta il proprietario fa da buttafuori: entrano solo i parlamentari. Nel cortile s'intravvede una Ferrari rosso fiammante. Grillo è già arrivato e accoglie tutti con un sorriso. «So' ragazzi», urla da lontano ai giornalisti citando «Striscia la Notizia». Poi dentro, fra un pacchero e un porcino, tuonerà le sue parole d'ordine: «Larghe intese? Ci verrebbero a prendere con i bastoni», «I partiti? Non fidatevi», «Il nuovo capo dello Stato? Sarà molto diverso da questo».  Ma in pubblico dice solo: «So' ragazzi», mentre saluta i suoi. Forse nemmeno lui si rende conto che quelli in realtà non so' ragazzi ma parlamentari, rappresentanti della Repubblica italiana, seppur in versione agenti del Folletto in gita premio.  Fa tristezza vederli lì, uno con un po' di arance in mano, l'altro che addenta una mela , costretti ad aspettare l'ora in cui si distribuiscono gli incarichi, visto che per oggi le pentole non sono previste. E tutto in gran segreto, per altro. Ma perché in segreto? Non erano quelli dello streaming? Non erano quelli della trasparenza? Non erano quelli che hanno imposto anche le consultazioni in diretta Tv? Non erano quelli che hanno obbligato Bersani a umiliarsi in una trattativa davanti alla web cam? Non erano quelli che volevano trasformare il Palazzo in una casa di vetro? E invece, toh guarda, altro che casa di vetro: hanno trasformato il Palazzo in un agriturismo, il viaggio della Repubblica in una gita del circolo Acli-Uisp, che persino ai più accaniti nemici della pomposità delle istituzioni oggi viene un po' di nostalgia per i velluti e gli ori di Montecitorio. Aridatece uno stucco, aridatedece  un arazzo, almeno un po' di dignità dell'istituzione che oggi sotto la pioggia di questo casale sembra essersi perduta. Alle 17 è tutto finito, parlano solo i portavoce per ripetere banalità. Resta un velo d'amarezza e il conto da pagare: 10 euro per il pullman, 18 per il pranzo.  Anche i prezzi, come gli umori, sono uguali a quelli delle gite delle pentole.  

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