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Renzi, 50 nomi per prendersi il Pd

Matteo Renzi

Andrea Tempestini
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"Basta fare melina, non c'è altro tempo da perdere". Non ha usato giri di parole, Matteo Renzi, che oggi, giovedì 4 aprile, è tornato all'attacco in un'intervista al Corriere della Sera: durissime le critiche a Pier Luigi Bersani, il segretario "umiliato". Quindi l'appello, "o governissimo o subito al voto". In ogni caso, però, ora il sindaco di Firenze vuole scendere in campo. Vuole candidarsi. Vuole prendersi Palazzo Chigi: o con le elezioni o con la "nomina" del prossimo presidente della Repubblica (di cui, a sua volta, potrebbe favorire la nomina). Renzi vuole guidare il Partito democratico, rivoltarlo come un calzino e archiviare definitivamente il segretario. La pensa diversamente Giorgio Napolitano, che ha replicato direttamente al rottamatore: "Io personalmente non credo che si stia perdendo tempo". Il Capo dello Stato, in un'intervento all'Università La Sapienza di Roma, di fatto risponde al sindaco di Firenze e difende l'operato di Bersani. I dieci saggi - Il sindaco dopo le elezioni confidava nella nascita di un "governo del presidente", un esecutivo che avrebbe condotto il Paese fino alla prossima tornata elettorale: tra uno, massimo due anni. Nel frattempo ci sarebbero state le primarie, dove Renzi avrebbe avuto ottime possibilità di spuntarla (in molti, nel Pd, oggi hanno scaricato Bersani). Ma la mossa di Giorgio Napolitano, la nomina dei "dieci saggi", ha cambiato le carte in tavola. Ora, il primo punto dell'agenda è un'intesa sul presidente della Repubblica, non la formazione di un nuovo governo. La carta giocata dal Capo dello Stato se si rivelasse vincente allontanerebbe le urne: se si trovasse l'intesa sul Colle, si troverebbe anche quella sul governo. Se invece la carta si rivelasse perdente e Bersani calcasse la mano, se non si trovasse insomma un accordo, la legislatura si potrebbe anche già considerare conclusa (o quasi). Berlusconi e Bersani, però, hanno interesse nel tenere imbrigliato il sindaco: la sua discesa in campo è pericolosa per entrambi. La formazione - Mettiamo caso però che la situazione precipitasse. Niente accordo e presto nuove elezioni. Pezzi del Pd hanno già iniziato a mettere le mani avanti, affermando che non ci sarebbe il tempo per un nuovo giro di primarie, né per una modifica statuaria. Dunque dovrebbe essere ancora Bersani a guidare i democrat. Ma la misura è colma. Se si concretizzasse questo scenario il partito potrebbe spaccarsi definitivamente: chi vuole Renzi, chi invece non vuole cambiare nulla. Senza prendere in considerazione la soluzione più drastica - la formazione di un nuovo movimento guidato dal rottamatore - l'ostinazione di Bersani nel voler restare al vertice di Via del Nazareno potrebbe, paradossalmente, spazzare via lo stesso Pier Luigi. Non a caso Renzi è già al lavoro per creare un gruppo parlamentare. Un gruppo parlamentare che, nel caso in cui Bersani fallisca ancora, potrebbe entrare a gamba tesa non solo nelle questioni interne del Pd, ma anche nella partita per il Quirinale.  Scouting in aula - Come spiega Tommaso Montesano su Libero di giovedì 4 aprile, il lavoro di "scouting" in aula del rottamatore è iniziato. Il sindaco di Firenze può già contare su una pattuglia di 51 unità tra deputati e senatori, pronti a giocare un ruolo autonomo in Parlamento. Ora Renzi sta però cercando di attrarre nella sua orbita anche altre parti del Pd meno ostili: da Walter Veltroni a Dario Franceschini, da Enrico Letta a Giuseppe Fioroni. E al "lavorio" del sindaco guardano con interesse anche esponenti di Scelta Civica, da Andrea Romano a Pietro Ichino e fino a Irene Tinagli. La rosa si ingrossa. Con questi nomi, Renzi, potrebbe entrare nella trattativa per il nuovo presidente della Repubblica con il Pdl. Se Bersani non cedesse e non si uscisse dall'impasse, il rottamatore, facendo leva su chi lo vuole al comando del partito, potrebbe trovare un nome e i voti necessarri per far spuntare dal cilindro il nuovo inquilino del Colle. Un presidente della Repubblica che dopo l'elezione non potrebbe non dare a Renzi l'incarico di formare un nuovo governo. (a.t.)

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