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Consultazioni, la resa del Pd: mollati Bersani e Vendola
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Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è preso un "momento di riflessione". Almeno fino a domani, niente si saprà riguardo il futuro governo. Una cosa però è certa: il segretario del Pd Pierluigi Bersani è fuori dai giochi. Lui e la sua linea politica pendente a sinistra. Perché, visto l'esito delle consultazioni, l'altro sconfitto illustre è Nichi Vendola, che insieme al segretario ha portato il centrosinistra a schiantarsi contro il muro di Napolitano. Una debacle che ha radici lontane - La clamorosa debacle ha infatti radici lontane. Inizia a novembre del 2012, quando il Pd fa le Primarie tra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani, ma per finta: aperte ai soli elettori di centrosinistra, quelli più connotato idelogicamente, con tutto l'apparato militarmente schierato con il segretario e il trionfo, scontato, di Bersani. Da quel giorno, impietosa, ha iniziato a circolare una domanda: "E se c'era Renzi"?. Bersani, ottenuta la leadership, è andato avanti per la sua strada: alleanza con Vendola, Stefano Fassina a dettare l'agenda economica e i 'giovani turchi' a difende a spada tratta una linea politica che ha riportato il Pd a prima della caduta del Muro di Berlino. Inseguire Grillo: una scelta scellerata - Poi le elezioni e, clamoroso, il tracollo: partito con oltre 10 punti di vantaggio, in poche settimane il Pd è crollato a picco, anche grazie alla straordinaria rimonta del sempre più sottovalutato Silvio Berlusconi. Quindi il verdetto finale: 29,6% dei voti, compresi quelli di Vendola, un'Italia divisa in tre blocchi (Pdl e M5s gli altri due) e l'ingovernabilità al Senato. Data la situazione, il buonsenso avrebbe suggerito una coalizione tra i partiti responsabili, ossia Pd e Pdl. Invece no. I due dioscuri della sinistra, per oltre un mese, hanno elemosinato l'appoggio di Beppe Grillo e più questi li insultava e, nella migliore delle ipotesi, li mandava a quel paese, più i due si prostravano al guru dei cinque stelle. Gli inviti alla responsabilità del Pdl - Un circolo vizioso che il Pdl, fino ad oggi, ha cercato di spezzare, invitando Bersani e Vendola ad un gesto di responsabilità. Invano. Intanto Matteo Renzi si scaldava a bordo campo, tenendosi fuori dai giochi di palazzo e provando a convincere il suo segretario (ancora per poco) dell'ineluttabilità di un dialogo con il Pdl. A parte i giovani turchi (e nemmeno tutti), i vertici del Pd hanno fatto buon viso a cattivo gioco, sostenendo Bersani e la sua linea politica suicida, ben sapendo che sarebbe andato a schiantarsi. Vendola, dal canto suo, ha assecondato le scelte kamikaze del segretario, escludendo qualsiasi possibilità di dialogo con i moderati. Il ritorno di Renzi - Il sindaco di Firenze, nel frattempo, gioca la sua partita: vorticose, in questi giorni, le chiamate con Dario Franceschini ed Enrico Letta, si fa invitare nel programma da 5 milioni di telespettatori di Maria de Filippi e manda in avanscoperta i suoi, che dichiarano alla stampa che Renzi è rpondo a rispodnere 'obbedisco' ad un'eventuale chiamata di Napolitano. Bersani, però, non coglie nessuno di questi segnali. Il fallimento della linea oltranzista di Bersani e Vendola - Con un bluff da principiante, si presenta da Napolitano che, ovviamente, lo respinge come un appestato, prendendo in mano il pallino della situazione: fa un ulteriore giro di consultazioni, vede che per il segretario non c'è nulla da fare e lo comunica ad Enrico Letta e ai due capigruppo. Letta, nel respingere qualsiasi ipotesi di governissimo, dichiara di affidarsi, e con lui il partito, completamente al Presidente della Repubblica, scaricando di fatto Bersani e Vendola e sconfessando la loro linea oltranzista. A questo punto l' ipotesi più probabile è una: governo del presidente. Che qualunque esso sia, per Bersani e Vendola vuol dire una sola cosa: fallimento. E l'incubo di quella domanda, che da insistente è diventata martellante, che sempre più circola a Largo Nazareno: "E se c'era Renzi?".
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La Postina con Zanellato diventa Dotta
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