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Silvio e il governissimo col Pd:"Accordi? Solo alla luce del sole"
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Berlusconi detta le condizioni: o l'intesa con la sinistra oppure troviamo un accordo sul Quirinale, ma Bersani lo deve dichiarare in pubblico. Timide apertura del Pd sulla giustizia
di Salvatore Dama Si continua a discutere. «Ma le posizioni restano molto distanti», frena il segretario del Pdl Angelino Alfano. E se rimaranno tali «nelle prossime 48 ore», finestra temporale assegnata dal Quirinale a Pier Luigi Bersani per cercare di trovare una maggioranza in Parlamento, «noi ribadiremo che l'unica strada è quella del voto». Si tratta. Sul tappeto rimane la disponibilità di Pdl e Lega a sostenere un governo di larghe intese. Ma anche la difficoltà del leader democratico ad accettare il sostegno di Silvio Berlusconi, che crea non pochi imbarazzi. «Il presidente Berlusconi ha manifestato pubblicamente che l'unica cosa alla quale noi teniamo è che ci sia un governo solido e forte che possa affrontare la crisi del Paese», ha ricordato l'ex Guardasigilli al termine delle consultazioni con Bersani. «La soluzione più sperimentata in Europa è quella della corresponsabilità tra le forze principali». Il caso più eclatante è quello tedesco, dove da anni va avanti la coabitazione tra socialisti e popolari. «Noi», prosegue il ragionamento Alfano, «non abbiamo posto preclusioni, ma abbiamo detto che considereremmo incomprensibile un atteggiamento di chiusura da parte di chi ha vinto solo con uno scarto relativo dello 0,3 per cento. Se questo atteggiamento vi fosse mancherebbe il nostro sostegno in ogni forma alla nascita di un governo Bersani». Ipotesi che il centrodestra non scarta in maniera pregiudiziale. Alle consultazioni con Alfano c'era anche Roberto Maroni: «La Lega condivide la posizione espressa da Alfano», dichiara il segretario leghista e governatore della Lombardia, «auspichiamo un governo a guida politica, basta con i tecnici. Serve un governo di legislatura che duri, solo così si affrontano e risolvono i problemi. E lo dico in veste di governatore». Il Popolo della libertà torna a porre in correlazione la scelta della guida di Palazzo Chigi e l'elezione del nuovo presidente della Repubblica. Renderebbe tutto più facile, per gli azzurri, la disponibilità di Bersani a lasciare che venga scelta, per il Colle, una figura espressione dello schieramento moderato: «Questa collaborazione non può non tenere conto che il turno elettorale coincide con l'elezione del presidente della Repubblica. Le forze politiche che hanno avuto massima rappresentanza vanno coinvolte in momento così delicato. Confidiamo in un atto di responsabilità e di saggezza da parte del presidente incaricato». In realtà Bersani ha già fatto capire di non voler affrontare la materia in un blocco unico, ma dividere le pratiche per capitoli: governo, presidenza della Repubblica, riforme. Il segretario del Partito democratico si dice disponibile ad aprire al Pdl per lavorare insieme a una convenzione che elabori modifiche costituzionali. Quello che ha chiamato il doppio binario. Sul primo, quello governativo, vuole fare da sé senza dover rendere conto ai pidiellini. «Ogni ora che passa, per chi non condivide o non condivide ancora la mia proposta, mi pare che la consapevolezza che non sia una cosa improvvisata stia aumentando». Qualcosa si muove, spiega Bersani a modo suo. Ma i numeri sono quelli che sono, c'è poco da fare: «Sin dall'inizio ho puntato su questa formula del “doppio registro” per trovare un quadro di corresponsabilità, anche nella distinzione dei ruoli e delle funzioni. Chiedo che questo percorso non venga impedito». Oggi è la giornata clou. Bersani incontrerà i grillini e verificherà la loro disponibilità a sostenere il suo esecutivo. Se, a meno di clamorose sorprese, dovesse ricevere un vaffa, l'unica stampella per le ambizioni di Pier Luigi rimarrebbe il centrodestra.
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La Postina con Zanellato diventa Dotta
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