Ecco il piano di Napolitano:se Pier fallisce ci penso io
di Salvatore Dama Giorgio Napolitano convoca Pier Luigi Bersani per affidargli un preincarico esplorativo. Ma poi gli ruba subito la scena. Esce prima del presidente del Consiglio in pectore (cosa mai successa) per spiegare ai giornalisti i motivi della sua scelta. E tanto per far capire chi è che comanda. Solo a seguire fa capolino il segretario democratico. Relegato al ruolo di attore non protagonista in quello che dovrebbe essere il “suo” film. «Si apre una fase decisiva per dare all'Italia un nuovo governo sulla base dei risultati elettorali», esordisce il Presidente della Repubblica. L'incarico a Bersani è «il primo passo di un cammino per il raggiungimento dell'obiettivo che deve portare al più presto alla nascita di un esecutivo per una normale e piena attività legislativa». La scelta caduta sul segretario del Pd è «in continuità con eloquenti precedenti» ed è finalizzata alla verifica di «un sostegno parlamentare certo». Insomma, Napolitano mette in chiaro subito che non accetterà formule che non abbiano una solidità algebrica. O Bersani torna con i numeri giusti al Senato o si passa oltre. “Re Giorgio” è pronto a mettere in pista una riedizione del “governo del Presidente”, sul modello dell'esecutivo dei tecnici: «Ho studiato la prassi, ho la necessaria discrezionalità». E ha intenzione di usufruirne dato il quadro politico drammaticamente compromesso. All'Italia serve «un governo operante nella pienezza dei suoi poteri» per «assicurare vitalità e fecondità al nuovo Parlamento». L'ostacolo è il risultato delle urne. «Le difficoltà a procedere verso la grande coalizione», così come richiesto dal centrodestra, «sono apparse rilevanti, a causa di profonde e antiche divisioni riesplose con la rottura del novembre 2012». Nonostante l'impossibilità di procedere con le larghe intese, Napolitano invita i partiti a comportarsi con un «forte spirito di coesione nazionale al di là della normale dialettica politica per affrontare questa fase delicata per il Paese». Il Capo dello Stato invita Bersani a concludere la sua ricognizione il prima possibile. E rispedisce al mittente le accuse, arrivate dal Movimento 5 Stelle, di aver agito con lentezza per attivare la procedura di formazione del nuovo governo. «Reagisco a certe affermazioni che si ascoltano nel dibattito pubblico, infondatamente polemiche per il tempo che stanno prendendo gli adempimenti post-elettorali». L'uomo del Colle ha spiegato la necessità di procedere con attenzione in una fase così delicata e che ciò non significa perdere tempo. «Non è ancora trascorso un mese dalle elezioni e nella fase che ora si apre occorre procedere senza sterili lungaggini ma con grande ponderazione ed equilibrio. A chi se la prende con le presunte lentezze italiane, segnalo che nei due paesi di democrazia parlamentare in cui si sono recentemente svolte delicate elezioni, sono occorsi, per la formazione dei nuovi governi, circa due mesi». Si tratta, ha precisato Napolitano, «dell'Olanda (54 giorni) e di Israele (55 giorni)». Ora sta a Bersani essere celere nel trovare una maggioranza o farsi da parte. Il Capo dello Stato lo invita «al dialogo con tutte le forze politiche», superando la pregiudiziale verso il Pdl. Specie dopo aver appreso, direttamente da Silvio Berlusconi, della disponibilità del centrodestra a formare un governo con ampia base parlamentare che si occupi delle emergenze del Paese. Se il segretario del Partito democratico dovesse tornare a mani vuote, Napolitano ha già un'idea su come risolvere la questione. Calano le quotazioni del presidente del Senato Pietro Grasso. Al Quirinale preferiscono una figura che abbia più dimestichezza con i temi economici e guardano con delusione ai primi passi della seconda carica dello Stato. Ha sfidato in un confronto televisivo il giornalista Marco Travaglio: il presidente del Senato che fa una roba del genere, quando mai s'è vista? Grasso è giudicato politicamente «acerbo» per assumere una responsabilità tanto grande e delicata. Prende quota allora l'ipotesi di puntare su una squadra, non sull'uomo solo al comando (visti anche i danni che la ribalta ha prodotto al temperamento del sobrio professor Mario Monti). La scelta potrebbe cadere su uno dei ministri tecnici uscenti. Da promuovere a Palazzo Chigi. Con una guida altrettanto forte al ministero dell'Economia. Come per esempio il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni. Intanto inizia a girare anche l'idea di un bis per Giorgio Napolitano al Quirinale. Specie se il governo dovesse avere di nuovo una guida tecnica. Il presidente uscente ha già detto di non essere interessato a un nuovo settennato. Ma da destra e da sinistra viene valutata come un'ipotesi sempre più realistica.