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L'appello: trovategli una poltrona. Così salviamo lui. E anche l'Italia

Il segretario continua a prendere schiaffi da Grillo e conduce il Paese dritto dritto alla catastrofe

Andrea Tempestini
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  di Massimo De' Manzoni   Ieri Pier Luigi Bersani ha incassato un altro paio di schiaffoni: uno dai parlamentari del suo partito, l'altro dai grillini. Due soggetti i quali, sia pure per motivi diversi, non sanno più che cosa inventarsi per fargli capire che di lui non ne vogliono sapere. Poco male, direte, oramai ai ceffoni il compagno segretario ci sarà abituato. Vero, tanto abituato  da non sentirli neanche più.  Ed è questo il guaio: per quanti ne prenda, va dritto per la sua strada che non porta da nessuna parte. Ma poiché, per una serie di sfortunate circostanze, si dà il caso che in questo momento Bersani si trovi in una posizione chiave per il funzionamento della democrazia italiana, la sua cocciutaggine costituisce un problema per tutti noi e rischia seriamente di aggravare la già non buona situazione in cui si trova il Paese.  Il fatto è che l'uomo di Bettola si è convinto da un paio d'anni che la poltrona di Palazzo Chigi tocchi a lui per un diritto divino che fa a pugni con i nostri diritti umani. Fa niente che alla prima occasione buona Napolitano gliel'abbia fatta sparire sotto il naso per metterci sopra un loden con un tecnico dentro. E neppure che al secondo giro lui abbia “non vinto” le elezioni che dovevano rimediare allo scherzetto precedente, e che quindi Re Giorgio si senta più che mai confermato nella sua convinzione che non abbia i numeri (in tutti i sensi) per quel ruolo. Pier Luigi non se ne dà per inteso e continua a rifilare capocciate ai muri. Domani salirà al Quirinale per spiegare al presidente che lui ce la può fare: con i suoi parlamentari, un pugno di voti di coscienza dei grillini, un paio di voltagabbana comprati (pardon: reclutati) con lo scouting, l'astensione semitecnica di mezza Lega, la dissenteria improvvisa di qualche malpancista del Pdl, un pizzico di sale, un po' di prezzemolo e faccia di tolla quanto basta, il prode Bersani sfornerà un governo da leccarsi i baffi, pronto a sfidare la Merkel e il mondo intero per ridare fiato e dignità alla nazione.  Come potete capire, non è più una faccenda politica. Trattasi di caso umano. Che però trasforma gli altri sessanta milioni di italiani in casi disperati. Urge quindi rimuovere il tappo. Trovare una bella sistemazione al povero Pier Luigi e procedere a fare le cose che servono al Paese senza perdere altro tempo. Purtroppo pare che il posto di asciugatore di scogli che Rimini intendeva offrirgli non sia più disponibile: dopo aver constatato che le sue virtù di smacchiatore di giaguari erano pura millanteria, i notabili della città han sentito puzza di fregatura e si sono tirati indietro. E lo stesso pare abbiano fatto i pettinatori di bambole. Ma non bisogna scoraggiarsi: in fondo Veltroni in Africa non c'è mai andato e quindi là una poltrona di qualche tipo dovrebbe essere rimasta libera. Altrimenti ci si può rivolgere a Prodi: con le sue frequentazioni, volete che un qualche strapuntino in Cina non riesca a farlo saltar fuori? Oppure l'Onu: ci hanno rifilato la Boldrini, abbiamo diritto alla contropartita. Ma bisogna far presto, prima che a Napolitano venga l'esaurimento nervoso. Se poi per assurdo anche l'Onu si rifiutasse, ci rimane Cipro: sull'isola Bersani non può fare più danni di quanti ne siano già stati fatti e in compenso noi forse riusciremo a evitare di fare la fine dei ciprioti.    

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