Fo, Zagrebelsky, la Hack: i mostri del governo Bersani-Grillo
di Francesco Borgonovo Dopo anni trascorsi a dare i numeri, il nuovo passatempo del bel mondo politico - culturale progressista è quello di sparare i nomi. Come se il governo dei tecnici non ci avesse piegato a sufficienza, le menti eccelse che popolano il centrosinistra si affannano da giorni allo scopo di comporre esecutivi improbabili. Mosaici buoni tutt'al più per un programma da festa del Fatto, che - nei piani dell'intellighenzia di area Pd - dovrebbero servire ad attirare Beppe Grillo. E spingerlo a una alleanza che - ormai tutti l'anno capito - non diventerà mai realtà. Ieri, dalla prima pagina di Repubblica, un gruppo di illuminati si è misurato nell'antica arte della supplica. Dotti e sapienti e come il professore prezzemolino Remo Bodei, l'inflessibile antiberlusconiana Roberta De Monticelli, Tomaso Montanari, Antonio Padoa-Schioppa, Salvatore Settis e l'editorialista vista-Senna Barbara Spinelli hanno firmato un appello, forse il milionesimo della loro vita. Titolo: «Cambiare, se non ora quando?». Non sono riusciti nemmeno a trovare un nome originale, hanno riciclato quello del movimento delle donne anti Berlusconi. «Dire no a un governo che facesse propri alcuni punti fondamentali della vostra battaglia sarebbe a nostro avviso una forma di suicidio», hanno scritto i signori pensatori, rivolti ai Cinque stelle. Per poi concludere con la richiesta di aiuto al fine di «liberarci ora, subito, dell'era Berlusconi». Insomma, l'obiettivo è quello di sempre. E da Grillo è arrivata la risposta di sempre: andate a quel paese. Stavolta, però, gliel'ha mandata a dire con classe, citando un brano di Giorgio Gaber («Gli intellettuali»): «Quando il pdmenoelle chiama, l'intellettuale risponde. Sempre! In fila per sei con il resto di due». Nonostante si possano prevedere il vaffa, i geniali luminari vanno avanti a elucubrare su un possibile esecutivo Grillo-Bersani. Nei giorni scorsi è uscito il nome di Stefano Rodotà, alla faccia del nuovo che avanza. Classe 1933, una vita in politica nelle file della sinistra, poi il pre pensionamento all'Autorità garante della privacy.Se è su gente così che vogliono costruire il «cambiamento», siamo messi bene. Ma mica è finita. A parte Dario Fo, sul quale non vale nemmeno la pena infierire, troviamo per esempio Alberto Asor Rosa, suggerito ieri dal Fatto. Un altro arzillo giovanotto che in tempi non sospetti invitava le forze dell'ordine a chiudere il Parlamento e a realizzare un golpe. Da quella sua affermazione nacque un succoso dibattito a cui partecipò anche Gustavo Zagrebelsky, firma di Repubblica e capoccia di Libertà e giustizia. Cioè il padre spirituale dell'associazione che mandò un tredicenne sul palco di un palasport a fare propaganda all'odio antiberlusconiano. Ah, poi c'è Margherita Hack, annata 1922. La quale, tanto perché si vogliono tenere i partiti fuori dalla tenzone, ha prestato servizio candidandosi con i Comunisti italiani. Alfiera di grandi battaglie sociali, di cui l'ultima che ricordiamo è quella per non farsi togliere la patente per sopraggiunti limiti d'età. Ma l'elenco è infinito e zeppo di professori: da Aris Accornero a Carlo Dell'Aringa, da Carlo Galli a Salvatore Veca, fino al montiano Fabrizio Barca. Gente che bazzica con il potere e i salotti (di sinistra) da decine e decine di anni. La più giovane fra i personaggi citati è la filosofa Michela Marzano, che però ha già recuperato il tempo perduto vergando un bel po' di tromboneschi articoli su Repubblica. In fondo, però, l'idea più angosciante è che a sinistra pensino di inseguire Grillo - o comunque di cambiare il Paese - proponendo siffatte accozzaglie di saggi stagionati. È, di nuovo, l'idea antica per cui l'avanguardia intellettuale deve dominare le masse inette (e, qualora votino Silvio, pure idiote). Un concetto in voga ai tempi di Lenin. Tempi in cui, per altro, molti di questi illustri intellettuali erano già al mondo.