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Pensioni, esodati: la Fornero annuncia il terzo decreto, ma ancora niente soldi

Dal ministro del Welfare il provvedimento per salvare 10.130 lavoratori rimasti senza stipendio e assegno. Ma nessuno dei 130mila espulsi ha visto un euro

Giulio Bucchi
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di Sandro Iacometti Centotrentamila salvaguardati, zero assegni previdenziali. È questo, al di là delle chiacchiere, il bilancio attuale della maldestra operazione esodati messa in piedi dal governo Monti. Venerdì il ministro del Welfare uscente, Elsa Fornero, ha annunciato il nuovo decreto che dovrebbe salvare altri 10.130 lavoratori lasciati in mezzo al guado dalla riforma delle pensioni. Il plafond era stato inserito nella legge di stabilità per il triennio 2013-2015, e va ad aggiungersi ai 120mila posti già riservati agli esodati con i due decreti salva Italia e quello inserito invece nella spending review. Naturalmente, anche per i nuovi entranti nel rango di salvaguardati, il regime di reintegro nel sistema previdenziale seguirà l'iter dei due testi precedenti. Il decreto appena varato verrà quindi girato alle commissioni competenti di Camera e Senato, che esamineranno tempi, coperture e requisiti.  I 10.130, insomma, dovranno aspettare ancora un bel po'. Ma gli altri? Anche. Per i primi 65mila, in barba a quanto detto dalla Fornero a inizio febbraio («entro la fine del mese tutti riceveranno la comunicazione finale di accoglimento»), le verifiche dell'Inps sono ancora in corso di svolgimento. Le domande, del resto, hanno rapidamente raggiunto, e superato, i posti messi a disposizione dal governo. Per la categoria dei «cessati», ad esempio, sono arrivate 18.701 domande rispetto alle 6.890 posizioni previste. Stesso discorso per i lavoratori che hanno all'attivo prestazioni a carico dei Fondi di solidarietà. Un primo contingente di 17.710 posti è stato esaurito prima della fine dell'anno. E lo scorso 4 marzo l'Inps ha comunicato che, con decorrenza primo aprile, può dichiararsi definitivamente chiusa anche la seconda tranche di 1.600 aggiunta in corsa dal governo lo scorso gennaio. Nello stesso messaggio, però, l'Inps precisa che «le domande di assegno presentate con decorrenza dal primo febbraio 2013 hanno carattere di prenotazione e sono acquisite dalle Sedi solo dopo l'autorizzazione alla liquidazione da parte della Direzione centrale pensioni». Poche righe dopo, però, si legge che la suddetta Direzione «continuerà ad effettuare l'attività di monitoraggio con cadenza mensile al fine di tenere conto delle eventuali disponibilità che si dovessero verificare nel plafond assegnato, aggiornando i dati relativi alla categoria». La comunicazione fa seguito alla circolare del 24 gennaio con cui l'Inps indicava alle sedi decentrate di rispondere alle richieste di trattamenti pensionistici con decorrenza primo quadrimestre 2013 con la seguente formula: «La sua domanda di pensione in salvaguardia verrà definita non appena saranno terminate le relative operazioni di monitoraggio». La sostanza è che, ad oggi, non è stato ancora versato alcun assegno e non è stato neanche effettuato un resoconto effettivo sul numero concreto di esodati rispetto ai posti disponibili. Ricordiamo che a fronte dei 130mila salvaguardati ci sarebbero complessivamente in circolazione, secondo i dati forniti dalla stessa Inps la scorsa estate, circa 390mila lavoratori incastrati nelle maglie della riforma.  Se, comunque, sembra che 25mila dei 65mila abbiano almeno ricevuto la comunicazione che certifica il diritto alla salvaguardia, tempi ancora più lunghi si prevedono per il secondo plotone di 55mila. Entro lo scorso 20 febbraio le aziende dovevano comunicare al ministero del Lavoro i nominativi dei lavoratori che sono stati incentivati all'esodo entro il 31 dicembre 2012. Peccato che al ministero si siano dimenticati di fornire le istruzioni necessarie all'invio delle segnalazioni.  twitter@sandroiacometti

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