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Fli, Fini convoca il partito: verso la scioglimento

Gianfranco Fini

Sebastiano Solano
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Missione compiuta. La scomparsa dell'ultima distorta derivazione di quello che fu il Movimento Sociale di Giorgio Almirante è questione di ore. Gianfranco Fini, con un lavoro iniziato nel lontano 1993 con la cosiddetta "Svolta di Fiuggi", pare aver centrato l'obiettivo: quello di autodistruggersi, dissipando un patrimonio storico, culturale e politico come quello del Msi, che poteva contare fino a qualche anno su un bacino di voti di circa 6 milioni di elettori. Ma l'aria, negli anni, è cambiata. Già in molti non gli perdonarono la "svolta". Ma è stato con "lo strappo", con il "che fai, mi cacci?", con la fondazione di Futuro e Libertà e con l'appggio incondizionato a Mario Monti che Fini ha firmato la sua fine. E così l'appuntamento con il suicidio politico è fissato per oggi, giovedì 7 marzo, nella sede di Via Poli 29, durante una riunione convocata dal presidente della Camera che già si annuncia infuocata e dove, con tutta probabilità, Futuro e Libertà sarà sciolto. Granata conferma - La conferma, nemmeno tanto velata, arriva da Fabio Granata che alle agenzie ha dichiarato: "Fini ci ha convocato, non ha voluto anticiparci nulla del contenuto di quel che ci vuole dire, andiamo lì per ascoltare. Certo - aggiunge Granata - il clima è di grande scoramento, ma anche di grande volontà di rinvincita perché vedere in Parlamento certi personaggi e noi, che pure ci siamo battuti per la trasparenza, fuori dal Parlamento fa male. Troveremo forme e modi per rilanciare il progetto della destra legalitaria e repubblicana". Dopo la débacle elettorale, con Fli ferma ad uno strimizzito 0,47% - un risultato che complice il crollo di Casini ha comportato l'esclusione dei futuristi e dello stesso Fini dal Parlamento - il delfino di Almirante avrebbe deciso di porre fine alla fallimentare esperienza futurista. Almeno questa è la voce che rimbalza nelle ultime ore e ripresa anche dalle agenzie di stampa.  Menia tiene duro - Una delle prime reazioni, la più dura, è stata quella di Roberto Menia che, indirettamente, accusa Fini di non aver voglia di combattere: "Il fatto che non siamo in Parlamento non significa che l'esperienza politica di Fli debba finire. Non è un dramma non stare in Parlamento, quando siamo nati abbiamo detto una serie di cose, che non ho intenzione di rimangiarmi: siamo contro una certa destra che paga senatori e deputati, come abbiamo visto in questi giorni, per una destra moderna ed europeista. Io, in questa esperienza, continuo a dire che resto un uomo di destra, che con Berlusconi non potevamo e non possiamo più stare, che con Monti non sono diventato centrista. Penso che una destra europea si possa fare".  La chiusura della sede - Ma la "chiusura" di Fli, l'eutanasia politica di un progetto fallimentare, il crollo definitivo dell'uomo di Montecarlo non arriva proprio come un fulmine a ciel sereno. Come vi avevamo raccontato su Libero, venerdì 1 marzo c'erano degli strani movimenti attorno alla sede. Alcuni dipendenti erano stati avvistati mentre spostavano gli scatoloni e alcuni di loro erano stati visti allontanarsi con delle confezioni di parmigiano: "Almeno avremo qualcosa da mettere in tavola, un contentino", ha affermato uno di loro. Il punto? Non ci sono soldi, nemmeno quelli dei rimborsi elettorali. E non ci sono nemmeno elettori: la sede di Fli chiude. Un Fini da record, insomma: prese in mano l'Msi e lo sciolse. Fondò e affondò An in pochi anni, quando ancora poteva sperare in un futuro di rilievo nel centrodestra. Poi, due anni fa, l'avventura di Fli: ucciso nella culla. Anzi, mai nato. E il tutto fa il paio con la sua esclusione dal parlamento. Gianfranco si potrà consolare con le immersioni a Giannutri...

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