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Bersani: ecco il mio piano per il governoRenzi pronto a fare il premier

Lucia Esposito
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  Non si attacca al nome, infatti non lo chiama in nessuno modo. "Chiamatelo come volete, governo di minoranza, governo di scopo, non mi interessa, mercoledì  prossimo lo proporrò in direzione, poi al Capo dello Stato: io lo chiamo un governo del cambiamento, che mi assumo la responsabilità di guidare che propone sette o otto punti qualificanti e che chiede in Parlamento la fiducia a chi ci sta". Dopo la mesta conferenza stampa del day after, Pier Luigi Bersani, il vincitore sconfitto, parla in una lunga intervista a Repubblica. Spiega che la sua intenzione è quella di presentarsi in Parlamento e chiedere la fiducia in tutti i partiti. Effetto Monti Bersani mette anche un punto fisso, dopo essersi mostrato disponibile a un dialogo per la presidenza delle Camere: "l'ipotesi delle larghe intese non esiste e non esisterà mai", perché proposte di governissimo sarebbero "la morte del Pd". Su questa linea Bersani è netto. "Non ho subordinate. Questa è la mia proposta. Deciderà il presidente della Repubblica, con la sua consueta saggezza".   Bersani affronta anche il tema delle sue dimissioni: "sono due anni che dico che questo 2013 per me è l'ultimo giro. Lo so e l'ho sempre saputo. Ma da mozzo o da comandante io non lascio la nave". Bersani poi analizza l'esito del voto e, ammette, che il risultato è stato condizionato dalla prospettiva, tenuta vita durante tutta la campagna elettorale, di un'alleanza con Monti. Dice: "E' innegabile che la necessità di non rompere con Monti ci ha condizionato. E in questo condizionamento qualcosa abbiamo pagato".  I punti principali Ma in cosa coniste questo piano per governare? Per Bersani il primo tema è l'Europa. "Voglio che il prossimo governo ponga una questione dirimente, di cui ho parlato al telefono con Hollande l'altroieri: l'austerità da sola ci porta al disastro. In sede europea, tutti devono mettersi in testa che il rientro del debito e dal deficit è un tema che va spostato nel medio peridiodo, ora c'è un'altra priorità assoluta che è il lavoro". Il secondo punto nel piano di governo di Bersani quello sociale. "I Comuni devono poter aprire spportelli di sostegno, bisogna sbloccare subito i pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese e introdurre temi universalistici negli ammortizzatori sociali". Il terzo tema (e questo è un punto di forte contatto con Grillo) è la riduzione del numero dei parlamentari , abbattere gli stipendi al livello di quello dei sindaci, varare leggi che regolino la vita dei partiti e non solo per i finanziamenti che inaspriscano drasticamente le norme anticorruzione e che regolino i conflitti di interesse". Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano intervistato da alcuni giornalisti, che gli chiedevano un commento ha risposto: "Non leggo le interviste di Bersani".  Riscossa del rottamatore Ma mentre Bersani propone il suo piano su Repubblica, Matteo Renzi sul Corriere si dice pronto a guidare il governo se glielo chiedono. "Io non farò mai cooptare dal partito, manco morto!. Nessuno dei vertici potrà mai dire: "Il nostro prossimo candidato premier sarà Renzi, perché a quel punto io rifiuterò. Ma se il Pd va alle consultazioni di Giorgio Napolitano con una rosa di nomi, cioè senza dire che la richiesta è quella di Bersani secca, questa è un'altra cosa". Insomma se il Pd si presentasse con più nomi di possibili candidati alla presidenza del Consiglio e se tra questi nomi ci fosse anche il mio, allora io ci penserei seriamente". Renzi non penserebbe di fare il candidato premier di una coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni, ma il possibile presidente del Consiglio di una grande coalizione che comprenda anche Grillo e Berlusconi.  La smentita: Ma il sindaco di Firenze ha poi smentito la ricostruzione fatta dal Corriere. Ciò che volevo per l'Italia l'ho detto per le primarie. Ho perso. Adesso faccio il sindaco. Non ci possiamo permettere neanche i rimpianti". Così Matteo Renzi, stamattina, con un tweet smentisce le indiscrezioni che circolano sul suo futuro politico.  

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