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Belpietro: Restituite i rimborsiOppure tornatevene tutti a casa

Maurizio Belpietro

La Casta ha un modo per farsi perdonare i vari Lusi e Fiorito: rifiutare i 159 milioni di contributi elettorali. I politici hanno sempre evitato i tagli: ora si cambi

Andrea Tempestini
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  di Maurizio Belpietro II politici che hanno a cuore il Paese e invocano il senso di responsabilità degli altri per impedire che l'Italia scivoli sempre più in basso nella considerazione internazionale, hanno un modo per dimostrare di essere sinceri e non attaccati solo alla poltrona:  rifiutare i rimborsi elettorali.  È inutile che si lamentino del successo del Movimento cinque stelle, né che maledicano Berlusconi per aver riconquistato il consenso di molti elettori moderati con la promessa di restituire l'Imu. Dimostrino piuttosto di aver capito la lezione, di aver imparato che non c'entra il populismo, né l'anti-politica, ma che semplicemente gli italiani sono arcistufi delle solite facce e delle consuete ruberie. Diano prova insomma di voler cambiare strada e di  essere intenzionati a rifondare il sistema, cancellando gli sprechi e rinunciando soprattutto al finanziamento pubblico. Trentacinque anni fa il referendum promosso dai radicali per abolire il contributo che lo stato versava ai partiti riscosse un successo straordinario. Nonostante l'opposizione dei principali gruppi politici, la consultazione popolare finì con quasi il sessanta per cento di sì. Segno evidente che gli italiani non sopportano che onorevoli e senatori, consiglieri regionali e semplici portaborse facciano la bella vita con il denaro dei contribuenti. In questi anni spesso è stata sollecitata l'abolizione del finanziamento pubblico, ma la Casta ha escogitato ogni sotterfugio per  conservare il privilegio e accumulare montagne di milioni. Come poi sono stati usati questi soldi si sa: Luigi Lusi, senatore del Pd e tesoriere della Margherita, faceva sontuosi pranzi e si comprava ville e appartamenti di lusso;  Francesco Belsito, cassiere leghista, oltre a dare la paghetta al figlio di Bossi investiva in Tanzania e in diamanti; Francone Fiorito, capogruppo Pdl nel Lazio, alle abbondanti libagioni ha unito abbondanti  pagamenti di case e vacanze extralarge adeguate alla sua corporatura; Vincenzo Maruccio, capogruppo dell'Italia dei valori nel Lazio, si è giocato una fortuna di soldi pubblici alle slot machine, mentre alcune signore del medesimo partito hanno preferito investire i bigliettoni del contribuente in lingerie. Tralascio per questioni di brevità la Nutella spalmata dalla sinistra a spese degli italiani e le bottiglie di Magnum acquistate per brindare alla faccia di chi tira la cinghia. L'ultima è di ieri: il capogruppo della Lega in Lombardia, dopo aver pagato il matrimonio della figlia con i fondi regionali, aveva assunto il genero come consulente, anche se il giovanotto aveva la licenza di terza media e faceva l'operaio. Per questo al signor capogruppo hanno sequestrato tre case, sperando di rientrare delle spese ingiustificate, circa 200 mila euro. Insomma, del denaro che avrebbe dovuto essere impiegato per fare attività politica è stato fatto ogni uso, quasi sempre improprio. Visto che non c'è nessuna certezza che nel prossimo futuro i partiti investano meglio e impieghino i fondi che vengono loro dati con più oculatezza, c'è un solo modo per impedire che ciò accada: non incassare quelle cifre. La legge – fatta su misura dagli stessi politici – prevede che per le elezioni appena passate i partiti incassino 159 milioni. Anche se la legislatura durasse di meno, anche se i partiti si sciogliessero, anche se tutti cambiassero casacca passando da un gruppo all'altro. Al Pd vanno 45 milioni, al Movimento cinque stelle 42, al Pdl 38 e alla lista Monti 15. Una montagna di quattrini che i gruppi in massima parte non hanno speso, ma che si vedono rimborsare con uguale generosità. Ecco, se vogliono riconquistare un minimo di fiducia da parte dei cittadini, se intendono impedire che gli italiani li inseguano con i forconi e al prossimo rinnovo di Parlamento li spediscano tutti a casa, i parlamentari hanno una sola possibilità. Lascino perdere per ora la legge elettorale, il conflitto di interessi e tutte le altre norme con cui si prefiggono di intasare le Camere. Facciano una cosa semplice: una leggina di una riga che abolisca con effetto immediato i contributi e restituisca ai cittadini quei 159 milioni già pronti per volatilizzarsi. Non ci vuole molto, è sufficiente una seduta se tutti si dichiarano disponibili. Se, invece, come temo, pur di non mollare la cassa, gli onorevoli non faranno nulla di tutto ciò, limitandosi a incassare “perché altro non si può fare”, beh prepariamoci a tornare al voto in gran fretta. Un Parlamento e un governo che non capiscono che se chiedi ai cittadini di stare a stecchetto, i primi a dover dare l'esempio sono loro, non credo che dureranno molto. Anzi: non dovrebbero durare affatto, ma solo  sparire in fretta.  

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