Berlusconi e Bersani costretti a stare insieme
Numeri alla mano, l'unica soluzione possibile è una grande coalizione con Pdl, Pd e centristi. Obiettivo minimo: cambiare legge elettorale e poi tornare alle urne. Ma può essere un regalo al M5S
di Fausto Carioti Scartata l'ipotesi di un esecutivo di minoranza, che servirebbe solo a spaventare ulteriormente i mercati, Pier Luigi Bersani, qualora confermato vincitore di misura alla Camera come sostenuto dalle prime proiezioni, sarebbe il candidato naturale, ancorché azzoppato in partenza, alla formazione del nuovo governo. Se Giorgio Napolitano gliene darà la possibilità (ipotesi al momento niente affatto scontata), il segretario del Pd potrà avviare l'operazione di «scouting» che si era ripromesso di fare nei confronti dei grillini, e che ieri Nichi Vendola gli ha chiesto di avviare («Tocca a noi l'onere di caricarci l'Italia. Grillo è un interlocutore necessario»). Con una differenza sostanziale rispetto ai propositi iniziali: Bersani era intenzionato a usare l'appoggio del Movimento 5 Stelle per rafforzare una posizione già vincente; dovrà invece chiedere ai nuovi arrivati di diventare parte decisiva della maggioranza di governo. Così, se il presidente della Repubblica indirizzerà Bersani su questa strada, si vedrà finalmente di che pasta umana e politica sono fatti gli eletti del comico genovese: stampella della sinistra, disposta a cedere alle lusinghe in cambio di qualche poltrona da sottosegretario o questore della Camera, o portatori di un modo davvero nuovo di stare in Parlamento. Numeri alla mano, l'unica combinazione in grado di garantire una solida governabilità al Paese è una grande coalizione che tenga dentro il Pdl e il Pd, e che a questo punto includa anche la sparuta pattuglia centrista del professor Monti. Una riedizione della litigiosissima alleanza che ha tenuto in piedi l'esecutivo dei tecnici, da affidare a un premier in grado di tranquillizzare i mercati e le cancellerie internazionali. Il primo problema è trovare un nome all'altezza, visto che difficilmente un simile incarico potrebbe essere dato a Mario Monti, uscito massacrato dal giudizio degli elettori e reduce da durissime polemiche nei confronti di Bersani e Silvio Berlusconi. Il secondo problema è che l'ipotesi del governissimo, sulla quale stanno già spingendo i montiani (comprensibile: sebbene sconfitti, verrebbero comunque catapultati al centro della scena), getta nel panico Pdl e Pd. Leggendo i risultati delle proiezioni del voto del Senato, non molto diversi da quelli finali, il vicesegretario del Pd Enrico Letta ha commentato a caldo: «Se questo fosse lo scenario, temo che si cambia la legge elettorale e si va a votare immediatamente». Frasi non molto diverse le pronunciavano, in privato, gli esponenti del Pdl. leggi l'articolo completo di Fausto Carioti su Libero in edicola oggi, 26 febbraio 2013