Leader per leader, ecco la posta in gioco
Cosa si aspettano i leader dalle urne? C'è chi, come Pier Luigi Bersani sa di vincere accreditato dai sondaggi che lo hanno sempre dato in testa ma teme di portare a casa un risultato striminzito e risicato che gli impedirà di governare bene. Pier Luigi Bersani, che dopo le primarie, sembrava destinato senza se e senza ma a Palazzo Chigi è stato insidiato da un Silvio Berlusconi che è tornato in campo lancia in resta forte di una proposta molto allettante come la restituzione dell'Imu. Prima ancora era salito in politica Mario Monti e poi il fenomeno Grillo che ha continuato a riempire piazze: due eventi che hanno cominciato a far aumentare la strizza di Bersani. Una vittoria striminzita per Bersani significherebbe impossibilità di governare senza fare accordi (o inciuci) con chi tra Monti e Grillo porta a casa più voti. Silvio Berlusconi si gioca la sua partita. Nessuno avrebbe scommesso nulla sua una sua possibile rimonta, invece il Cavaliere ha deciso di scendere in campo incoraggiato soprattutto dai risultati delle primarie del Pd (che hanno segnato la sconfitta di Matteo Renzi) ed è tornato protagonista del discorso politico. Se tutta la coalizione del Pdl dovesse sfiorare la percentuale del 30% per Berlusconi sarebbe la conferma di una grande forza nella conduzione delle campagne elettorali ma se i suoi elettori tradizionali dovessero tradirlo, sedotti dalle sirene di Grillo, sarebbe una sconfitta personale molto cocente. Monti e Grillo Per quanto riguarda Mario Monti, come sottolinea Pierluigi Battista sul Corriere - se dovesse arrivare quarto, se il totale dei suoi voti non dovesse superare la soglia del dieci per cento, per Monti si potrebbe parlare di un risultato davvero poco brillante". Se poi il voti del "Terzo Polo" non fossero determinanti in Senato, si potrebbe parlare di sconfitta secca. Comunque vada, invece, sarà un successo per Grillo. Se dovesse confermare le previsioni e diventare il secondo partito, riuscendo a portare a casa più voti dell'asse Pdl-Lega, sarebbe trionfo colossale. Se dovesse addiritttura superare i pronostici più favorevole il suo successo entrerà nella storia della politica italiana ma Grillo dovrà gestire una vittoria che, da un certo punto di vista, gli è esplosa tra le mani. Maroni e Casini Per Roberto Maroni non esiste la via di mezzo. Lui si gioca tutto. O si vince o si perde. La sua sconfitta segnererebbe la fine di una carriera politica di tutto rispetto e, in qualche modo, consacrerebbe il declino della Lega. In caso di vittoria, se Maroni dovesse diventare Governatore della Lombardia riuscirebbe a dimostrare che la Lega ha resistito e ha un futuro anche se le percentuali dovessero ridursi. La sfida di Pierferdinando Casini è quella di mantenere la centralità rispetto al bipolarismo. Se dovesse portare a casa un risultato di gran lunga inferiore al 4%, la sua centralità sarebbe fortemente compromessa. E, con essa, anche la sua ambizione politica. Vendola, Ingroia, Fini e Giannino Anche Nichi Vendola ha come "scoglio" il superamento della soglia del 4%: se la supera il suo peso nella coalizione sarebbe determinante, ma se non dovesse farcela a portare a casa la sua presenza nella coalizione vincente diventerebbe molto più difficile da digerire soprattutto in vista di un eventuale "inciucio" con Monti. Antonio Ingroia si gioca tutto, anche lui guarda al superamento del 4%: se non dovesse farcela, come fa notare Battista, "il danno di immagine sarebbe irreparabile", con un inevitabile ritorno "in una qualche Guatemala lontana dall'Italia". Se invece dovesse scavallare, allora l'ex pm di Rivoluzione Civile potrebbe "apirare al ruolo di nuovo Di Pietro, una frangia che sulle questioni della magistratura e del giustizialismo ha tallonato e continuerà a tallonare la parte maggioritaria del centrosinistra". A rischio estinzione Fli e, con essa Gianfranco Fini che durante tutta la campagna elttorale è sempre stato attaccato a un triste un per cento. Oscar Giannino, dovrà sperare nei "danni limitati". Poco prima che esplodesse la bomba della falso master (e poi delle false lauree) era, soprattutto in Lombardia, considerato come portatore di un buon portafogli di voto, lui deve solo sperare che chi aveva deciso di dare il proprio voto a Fare non abbia cambiato idea dopo lo scandalo e decida di manternere la sua fiducia verso il giornalista che, comunque, si è immediatamente dimesso da leader.