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La triste vita di Bersani:costretto a tifare Monti

Bersani e Monti

Andrea Tempestini
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  di Barbara Romano Le Politiche 2013 sono il primo e ultimo treno di Pier Luigi Bersani per Palazzo Chigi. Lo sa bene il segretario del Pd, che cova un sogno in queste ore di silenzio stampa che lo separano dal responso delle urne. Anzi, due. Ottenere il premio di maggioranza alla Camera: risultato a portata di mano. E conquistare una maggioranza solida al Senato: impresa assai più ardua. Come noto, infatti, il premio di maggioranza a Palazzo Madama è su base regionale. Motivo per cui Bersani, ma anche Nichi Vendola, uno dei più accaniti detrattori del premier, devono sperare in un buon risultato di Mario Monti alla Camera alta, perché la stampella cui appoggiarsi in caso di emergenza non sia troppo scricchiolante.  Certo, il sogno supremo – sul quale il segretario del Pd avrebbe scommesso lo scudetto della Juve fino a un mesetto fa - è l'autonomia di governo. Se Bersani vuole prendere due piccioni con una fava, vittoria alle elezioni e governabilità, deve espugnare la Lombardia. Da tempo ribattezzata “l'Ohio d'Italia”, è infatti la regione più pesante del Belpaese. E per il candidato premier del centrosinistra potrebbe fare la differenza tra vittoria e sconfitta. Se il Pd dovesse subire una sconfitta anche solo in Lombardia, infatti, perderebbe ben 16 seggi al Senato, passando da 178 a 162. Ovvero 4 seggi sopra la soglia di maggioranza. Sebbene la Lombardia da sola non basti a mettere in una botte di ferro la doppietta: vittoria alle elezioni e governo del Paese. Se anche il centrosinistra trionfasse qui, ma Berlusconi conquistasse il Veneto e Grillo o lo stesso Pdl vincessero in Sicilia, la pattuglia dei senatori di centrosinistra si arresterebbe a quota 159. Abbastanza pochi da far ballare Bersani a Palazzo Chigi quasi come Prodi nel 2006. Né la Sicilia sarebbe sufficiente a compensare da sola la perdita della Lombardia e del Veneto, dando al Pd la garanzia di una maggioranza assoluta. Insomma, sia il segretario del Pd che il leader di Sel sono consapevoli che la possibilità di riuscire a fare maggioranza da soli esiste ma è ridotta al lumicino. Ecco perché la sinistra guarda con ansia alla prima performance elettorale del Professore.  Il sogno   Il sogno recondito di Bersani è non far salire nessuno, tranne Vendola, su quel treno per Palazzo Chigi che passerà domani e mai più. Ottenere, cioè, una vittoria così schiacciante da non dover governare a mezzadria con Monti, di cui il segretario digerisce a fatica le ultime stilettate della campagna elettorale. Fosse per lui, Bersani farebbe a meno di governare il Paese con chi, facendosi forte dei propri rapporti con Angela Merkel, ha detto che la Cancelliera non gradirebbe una vittoria del Pd, salvo poi essere smentito dalla diretta interessata. Ma anche i più ottimisti a via del Nazareno cominciano a presagire che quella vittoria di larga misura non ci sarà e che Bersani dovrà per forza chiedere soccorso al premier. E la paura che serpeggia nel Pd è di una caduta tale di Monti da generare incertezza sui margini del Senato. Di qui la scelta di schierare in extremis Matteo Renzi in campagna elettorale per drenare quei voti moderati che il Professore probabilmente non sarà in grado di intercettare. Il timore di Bersani, infatti, è che Monti in alcune regioni scenda sotto l'8 per cento, che è la soglia di sbarramento al Senato. Il suo parco seggi scenderebbe da 33 a 27. Una perdita di 6 scranni da parte della lista unica di Monti ridurrebbe la maggioranza di governo di Bersani, senza tuttavia comprometterla. Ma se Scelta Civica non dovesse raggiungere l'8 per cento in alcune regioni pesanti, come appunto la Lombardia, e scendere sotto i 22 seggi, la situazione si complicherebbe per la coalizione di centrosinistra, anche in caso di vittoria. Infatti, se le urne regalassero la vittoria a Pd e Sel alla Camera, assegnando al centrosinistra il 55 per cento dei seggi, ma condannassero la lista Monti alla débacle, renderebbero inutile un'alleanza post-elettorale con il Professore. E aprirebbero la strada a un altro scenario: il peggiore possibile per Bersani. L'incubo Se il sogno del segretario è la maggioranza schiacciante alla Camera e al Senato e l'obiettivo minimo accettabile è la vittoria di misure, il suo peggiore incubo è che Silvio Berlusconi vinca nelle regioni in bilico e che la somma dei seggi senatoriali di Pd, Sel e Scelta Civica non faccia 158. In questo caso gli unici governi possibili sarebbero una grande coalizione ricostruita sulla falsariga della strana maggioranza che ha sostenuto per oltre un anno il governo Monti o un governo con Grillo. Prospettiva cui Bersani guarda con lo stesso orrore e raccapriccio di una convivenza di governo con il Cavaliere. Visto che è la Lombardia a fare la differenza tra il paradiso e l'inferno per il centrosinistra, a Bersani non resta che sperare nell'effetto traino di Umberto Ambrosoli. Vengono, infatti, attribuite maggiori chances di vittoria al candidato del Pd alla Regione che alla coalizione di centrosinistra alla Politiche. E se con Ambrosoli il Pd riuscisse a espugnare sia il Pirellone sia Palazzo Chigi, a via del Nazareno si vocifera che potrebbe essere il futuribile governatore lombardo il candidato più papabile alla segreteria del Pd, se Bersani diventasse premier.  

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