Ma dove vanno i marinai di Beppe Grillo?
Il M5s manderà a Roma un centinaio di onorevoli. Privi di un partito vero alle spalle, rischiano di andare col Pd. E il leader lo sa
di Giampaolo Pansa Chiamare «marinai» i futuri parlamentari di Beppe Grillo me lo ha suggerito una canzone di Dalla e De Gregori. La ricordate? «Ma dove vanno i marinai, con le loro giubbe bianche…». Lo stesso vale per gli eletti dei Cinque stelle alla Camera e al Senato. Anche loro si troveranno a navigare nel mare sconosciuto di Montecitorio e di Palazzo Madama. Quanti saranno, come si comporteranno, resteranno uniti oppure sono destinati a dividersi? Ecco tre incognite che adesso il Bestiario prenderà in esame. Quanti saranno non lo sa nessuno. I sondaggi, almeno quelli conosciuti prima del divieto di diffonderli, avevano sempre sottostimato il movimento di Grillo. Ma non per un complotto delle società che indagano sulle intenzioni di voto. La ragione, o la più importante delle ragioni, è che molti elettori non volevano dichiararsi grillini. Ammetterlo non era elegante. Perché regalava l'immagine dell'anarchico che vuole sfasciare tutto, disprezza il Parlamento e condanna a priori l'intero ceto politico dei partiti tradizionali. Poi le ipotesi sulla forza del grillismo sono cresciute. Come ho raccontato ai lettori di Libero, un mio vecchio amico, sondaggista di prima fila, all'inizio di febbraio mi disse: Grillo arriverà al 17 per cento. Adesso, dopo lo Tsunami tour con la sua raffica di comizi trionfali, sembra che la stima sia aumentata. Arrivando al 20 per cento dei voti. Se risultasse una previsione esatta, il movimento grillino sarebbe il terzo partito italiano. E per restare alla Camera, farebbe entrare a Montecitorio una forza impressionante, viste le premesse: 120 deputati, o come minimo un centinaio. Insomma, la faccenda è diventata assai più grossa di quanto prevedevano i due leader del movimento: Grillo e il suo guru, Gianroberto Casaleggio. Qualche giorno fa, il capo stellare si è lasciato scappare una confessione allarmata. Suonava all'incirca così: se facciamo il botto, rischiamo grosso. Una constatazione forse dettata dalla fragilità della struttura dei Cinque stelle. Finora compensata dall'uso astuto di un'arma killer: il web più la piazza. Una miscela esplosiva nella campagna elettorale. Però non sufficiente ad affrontare in sicurezza una complicata avventura parlamentare. E Casaleggio, come la pensa? Alla conclusione del super comizio di piazza San Giovanni, anche lui è salito sul palco per qualche istante. La diretta televisiva ci ha mostrato un signore molto teso, la chioma riccioluta in disordine, con una scarsa voglia di parlare. Si è limitato a pronunciare poche parole scontate: fantasia al potere, competenza, trasparenza. Ma diceva assai di più la faccia: quella di un signore che non avrebbe voluto trovarsi lì. La seconda incognita si può riassumere in un'altra domanda: che cosa faranno i tanti parlamentari grillini? Un'ipotesi suggerisce che vedremo un ostruzionismo di ferro, per bloccare i lavori di Camera e Senato. Il sistema più semplice è di far mancare il numero legale nelle tante commissioni e, se possibile, anche nell'aula. Fermare tutto servirebbe a mettere in pratica lo slogan che Grillo ripete di continuo, nel rivolgersi alla Casta degli partiti. Lo slogan dice: «Arrendetevi, siete circondati!». Tre parole che stanno riscuotendo un successo bombastico. Molti le credono partorite dalla fantasia di Grillo. Ma non è così. Le ha rubate al vecchio Movimento sociale. I giovani missini le recavano stampate sulle magliette, nel rovente 1993, il giorno del voto per l'autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi, dopo i fatti di Tangentopoli. Grillo si è sbronzato con questo slogan. Però non è detto che diventi il programma parlamentare dei grillini. Nell'assemblea regionale siciliana, dopo il voto di giugno, i Cinque stelle si sono ben guardati dal mettersi di traverso al governo di centrosinistra. Hanno ridotto di molto le loro indennità, devolvendo il 75 per cento dello stipendio a favore del microcredito agli artigiani siciliani. Però si sono limitati a questa scelta generosa e inoffensiva. È vero che nel corso dello Tsunami tour Grillo ha urlato di continuo una minaccia: «Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno!». Per far vedere a tutti il marcio che nasconde. Ma un conto è gridare nei comizi, un altro conto è far camminare le istituzioni conquistate. Sempre sul palco di piazza San Giovanni, è comparso per qualche istante il sindaco grillino di Parma, il Pizzarotti. Stava in terza o quarta fila. Quando Grillo l'ha afferrato e spinto in avanti, aveva lo sguardo di chi è alle prese con un'infinità di grane e di promesse tradite. La terza domanda riguarda il futuro dei parlamentari grillini: resteranno uniti o si divideranno? L'esperienza del passato dice che guidare un gruppo di venti, trenta eletti è abbastanza facile. Lo stesso vale, forse, per una truppa di cinquanta. Un gruppo più grande rischia di diventare ingestibile. Comunque sia, sono necessarie alcune condizioni. La prima è che alle loro spalle esista una struttura politica salda e preparata. La seconda è che tutti abbiano «un'ideologia di riferimento» come la definisce il politologo Piero Ignazi. Ma la struttura non esiste ancora. Non si conosce nemmeno chi saranno i capigruppo alla Camera e al Senato. Neppure la seconda c'è. Questo rende imprevedibili le scelte dei parlamentari di Grillo. Un altro rebus è la tenuta dei Cinquestelle in Parlamento. Sull'Espresso, sempre Ignazi ha ricordato che cosa è accaduto in Olanda alla lista populista di Pym Fortuyn. Nelle elezioni del 2002 era passata da zero al 17 per cento. Diventando il secondo partito del Paese, a scorno dei socialisti. Entrò addirittura nel governo, ma nell'arco di appena due anni «si sbriciolò in mille pezzi». Anche a causa della scomparsa del fondatore. Grillo camperà almeno sino ai cento anni. Nel fare lo Tsunami ha dimostrato di avere un'energia psicofisica da Superman, molto rara per un signore che in luglio compirà 65 anni. Ma Grillo, e con lui Casaleggio, resteranno lontani dal Parlamento. Il comico non era eleggibile, però il suo guru sì. Eppure lui non si è candidato. Perché? Non lo sapremo mai. Per di più i grillini si troveranno subito alle prese con l'offensiva del Partito democratico. Diretta a strappare ai Cinque stelle un po' di parlamentari per portarli in casa propria. Si parla già di un'attività coperta, «sotto traccia» secondo un'espressione diventata banale. La chiamano scouting, da scout, per indicare le incursioni sul territorio avversario. È la parola usata da Bersani. L'uomo macchina del Pd, Nico Stumpo, giovane dirigente dal fisico di un peso massimo, ha già messo le mani avanti. Spiegando a Daria Gorodisky del Corriere della sera che non ci sarà nessuna campagna acquisti. Ma soltanto la ricerca di convergenze sui temi sociali, la corruzione e i costi della politica. Però nelle stanze di Grillo e Casaleggio il sospetto rimane. Del resto entrambi conoscono a fondo le figure dei possibili parlamentari, selezionati uno per uno dalla loro magica coppia, la GriCas. Sanno bene che tanti dei candidati in Parlamento vengono da sinistra, sia pure non da quella dei partiti tradizionali. Infine Grillo, al di là delle sue sparate, è consapevole che la Camera e il Senato non sono affatto scatole di tonno facili da sventrare, bensì strutture consolidate. Possono funzionare male. Però sono dotate di una forza interna in grado di resistere a molti scossoni. Per fare un esempio, nessun parlamentare grillino che dissenta dagli ordini dei due leader, potrà essere licenziato con una lettera raccomandata, come è accaduto a un consigliere regionale emiliano. Chi è eletto nelle due Camere, è praticamente inamovibile. Ed è libero di fare ciò che gli pare e piace. Detto questo, buona domenica a tutti. A chi vota e a chi si astiene.