Ingroia lancia il suo governo: Travaglio all'Informazione, la Mannoia alla Cultura
L'ex pm sarebbe premier e ministro della Giustizia, agli Interni un poliziotto. E Don Gallo... a San Pietro
di Francesco Borgonovo Altro che Rivoluzione civile, qua siamo alla Rivoluzione d'ottobre. Antonio Ingroia avrà anche la parziale giustificazione di aver rilasciato dichiarazioni in orario da aperitivo (talvolta un Campari di troppo...), ma a quanto pare ha proprio intenzione di costruire un esecutivo in stile sovietico. L'ex pm, intervenuto ieri alla Zanzara di Giuseppe Cruciani, ha spiegato come sarebbe il suo «governo ideale», illustrandone anche la composizione. Certo, le possibilità che nel prossimo futuro si trovi effettivamente a formare una compagine governativa sono piuttosto esigue, ma in questo caso si può dire che il pensiero basta e avanza. Cominciamo dal premier. Come ovvio, uno Stato di polizia che si rispetti dev'essere guidato da un inquisitore o aspirante tale. Onde per cui il presidente del Consiglio deve essere per lo meno un giudice. Ed ecco che Ingroia afferma: «Io sono candidato premier e dunque faccio il presidente del Consiglio e prendo anche la Giustizia ad interim». Immaginatevi la scena dell'eventuale nomina: Giorgio Napolitano che dà l'incarico all'uomo che gli ha registrato le telefonate. I colloqui tra i due sarebbero senz'altro uno spasso. Anche se, a dire il vero, l'ex magistrato promette un comportamento robotico: «Le intercettazioni con Mancino sono nel mio archivio mentale e nello stesso momento in cui verranno distrutte verranno distrutte anche dalla mia memoria. In caso di distruzione, c'è l'autodistruzione anche nel mio cervello». Speriamo per lui che nel complesso procedimento non vadano smarriti altri dati. Vista la situazione, ci permettiamo di pensare anche a quali potranno essere le prime mosse di un governo del genere: le interrogazioni parlamentari saranno commutate in interrogatori. Anzi, per interloquire con l'esecutivo senatori e deputati non avranno nemmeno bisogno di prendere parola in aula: basterà che parlino al telefono, e il governo provvederà ad intercettarli. Dopo il premier-magistrato, ecco la seconda trovata geniale. Istituzione di un nuovo ministero: quello dell'Informazione. Praticamente, Ingroia propone di restaurare il Minculpop. Anzi, meglio, sarà ricreato il ministero della Propaganda. A questo punto, viene da chiedersi da dove il leader di Rivoluzione civile prenda queste idee: probabilmente copia da 1984 di George Orwell. Ma senza capire dove stiano i buoni e dove i cattivi. Bene, e chi mettiamo a capo del dicastero nuovo di pacca? Anche qui serve un professionista inattaccabile, uno che vagli giornali e programmi televisivi con scrupolo e stabilisca quali sono degni e quali no. L'amico Ingroia ha già individuato l'uomo perfetto: «Marco Travaglio all'Informazione sarebbe un ottimo esterno alla politica». Come no. Affidiamogli pure il palinsesto delle emittenti pubbliche e siamo a posto. Pensate che meraviglia: Santoro in prima serata su RaiUno tre volte la settimana (tanto per non far sparire del tutto Corrado Formigli). Al sabato, Sabina Guzzanti di rigore. Sulle altre reti, un flusso ininterrotto di documentari sull'agenda rossa di Borsellino, la trattativa Stato-Mafia e le intercettazioni di Berlusconi. E guai a chi si permette di chiedere una serie tivù. Se la Giustizia e l'Informazione sono già assegnati, rimane ancora vacante il posto al ministero degli Interni. Però è già pronto il profilo del candidato ideale: sarà «un poliziotto». Fantastico. Volete mettere quanto saranno velocizzati i processi? Si concluderanno tutti in un giorno: basterà spostarsi da un ministero all'altro e si passerà direttamente dal dibattimento alla galera. Tanto per proseguire sulla falsariga sovietica, al ministero del Lavoro andrà sicuramente «un operaio». Forse perché secondo Ingroia quella dell'imprenditore e quella del commerciante non sono vere professioni. Anzi, chi dirige un'impresa è a tutti gli effetti un padrone, al massimo si merita la patrimoniale. A elaborare la tassa provvederà il ministro dell'Economia Vladimiro Giacché, studioso che ha pubblicato fra l'altro il saggio Il capitalismo e la crisi. Scritti scelti di Karl Marx. Tanto per non uscire dal seminato ideologico. Dopo tutto, secondo l'ex toga al governo «ci vogliono persone competenti non come Castelli che era ingegnere e la Carfagna, lasciamo perdere, competente in altre cose...». Tralasciando l'offesa gratuita alla Carfagna, proviamo a seguire il ragionamento. Se i ministeri vanno affidati a persone competenti nelle specifiche materie, per quale motivo Ingroia vuole affidare la Cultura a Fiorella Mannoia? Forse perché ha i capelli rossi? Ma il vero enigma resta don Gallo. Dice l'ex pm: «È un nostro compagno di squadra, su molte cose ci ritroviamo su posizioni uguali». Non è che Ingroia ha già deciso chi deve fare il Papa, vero?