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Berlusconiano? Ora il Pd è in ginocchio dal rinnegato Renzi

Mario Giordano

Lo accusavano di essere filo-Cav, di destra e con gli amici alle Cayman. Ora che temono di perdere, Bersani & C. lo riscoprono...

Andrea Tempestini
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  E  adesso il Pd si affida al «figlio di Berlusconi». Ricordate? Era il 21 novembre, meno di tre mesi fa e Rosi Bindi, presidente del Pd, attaccava Matteo Renzi, bollandolo come progenie del Cavaliere, cucciolo della tribù di Arcore, finto democratico marchiato a fuoco dalla discendenza berluschina. Sembra passato un secolo. Perché adesso,  dimenticati arroganza e veleni, tutto il partito è lì,  in ginocchio dal rottamatore per  invitarlo, corteggiarlo, supplicarlo, chiedergli un comizio insieme,  una foto di gruppo,   un sorriso, un ciao ciao con la manina.  Matteo di qui, Matteo di là, per favore puoi passare da Napoli? Che ne dici di farti vedere a Torino? Ma sì, dai, magari andiamo insieme allo stadio, c'è Juve-Fiorentina, non ti pare un'ideona? Palla al centro, ci stringiamo la mano. Dai Matteo, scendi in campo. Dai Matteo, fai un discorso. Vai al talk show, fai un'intervista, prendi un caffè da Gambrinus, vienici in soccorso, per favore, solo tu puoi salvarci, dacci una mano  e noi ti regaliamo quello che vuoi: un ministero, un camper nuovo, un camion di dalemiani da rottamare per allenamento. Tutto ciò che desideri purché non ci lasci soli con Vendola, che non è figlio di Berlusconi ma fa paura davvero, dai Matteo non scherzare, Nichi va bene finché si scherza, ma ora non si scherza più, adesso si vota. E qui rischiamo di perdere. Non lo vedi? Dai Matteo, sarai pure discendente di Arcore, santo cielo, ma non vorrai mica far vincere tuo papà... In fila da Matteo - È davvero divertente vedere la struttura del partitone, quella che ha respinto con sdegno l'assalto del «ragazzetto» (parola di Franco Marini, 26 novembre 2012), che adesso sta lì davanti al «ragazzetto», atterrita e supplichevole, con i dirigenti  in coda per strappargli un sorriso o almeno un cenno d'intesa. Tutti scossi dalla paura, tutti spaventati dall'ombra di una sconfitta che pensavano impossibile, tutti consapevoli che l'essersi schiacciati a sinistra, l'aver sposato la linea Forza Cgil e viva Sel, è stato un errore fondamentale, che ha lasciato campo libero alla rimonta del centrodestra.  Tutti pronti, perciò, a innestare la retromarcia, smaccati e disperati, e a considerare pedina fondamentale per la vittoria del Pd quello che fino all'altro giorno consideravano un berluschino, figlio di Arcore, amico dei finanzieri e degli evasori, sottoprodotto dell'era del Drive In, amico di Mike Bongiorno, aspirante televenditore, giovane passato dalla Ruota della Fortuna al Comune di Firenze per un errore della storia,  probabilmente poco più di un incidente di percorso nella storia del Pd.  «Renzi? Non è il rimedio, anzi è peggio del male», dice D'Alema il 16 ottobre. «E' un disco rotto», attacca la Bindi il 18 novembre prima di dargli (tre giorni dopo) del «figlio di Berlusconi» . «Chi paga la sua campagna elettorale?»,  sibila il tesoriere Ugo Sposetti, il 17 novembre avanzando sospetti  che dietro la campagna renziana ci siano le forze oscure del capitalismo internazionale.  E le Cayman? - «Chi ha base nelle Cayman non dia consigli», lo accusa Bersani dopo un incontro tra Renzi e alcuni esponenti del mondo della finanza, alimentando ancora di più quei sospetti.  «Il suo programma è carta straccia»,  dice Eugenio Scalfari a inizio ottobre, dando fiato al malumore del partitone.  L'inquinatore - Qualcuno invece lo accusa di essere un copione, qualcuno altro di essere un infiltrato del centrodestra. «Ha atteggiamenti autoritari», accusa la Camusso mentre si vota il primo turno delle primarie, «sciupa la storia del Pd», lo accusa Veltroni il 17 settembre.  Poi gli dicono che è un «inquinatore di informazione», «poco trasparente», «violatore di tutte le regole di comportamento», naturalmente spendaccione, «con atteggiamento intollerabile» (ancora D'Alema, 17 ottobre), «nervosetto» (ancora Rosi Bindi, 18 novembre)  e persino «esaurito». Quest'ultima gentile espressione è di Vendola  (19 ottobre) che poi aggiunge: «Se vince lui, me ne vado io». E Bersani gli fa eco, lo stesso giorno: «Rottamiamo il rottamatore». W il rottamatore - Ora, invece, anziché rottamarlo, cercano di resuscitarlo il rottamatore. Lo vogliono in prima fila, ben esposto, soprattutto al Nord, lo vogliono mandare nell'Ohio d'Italia, la Lombardia, c'è Ambrosoli che ha bisogno, e poi a Torino e magari un salto in Veneto, perché no? Facciamo un comizio insieme, dai Matteo, ci sono i ceti produttivi che van tranquillizzati, ci sono gli orfani di Ichino cui bisogna dire che in fondo c'è una speranza, che il programma del Pd non è soltanto pane&Camusso, che c'è qualcosa oltre Vendola e la Cgil, una speranza di sinistra moderna, una speranza di lotta ai privilegi, una speranza di buttare a mare non solo i brontosauri nati nel Pci ma anche il loro carico di idee sconfitte dalla storia. La foglia di fico - E se tutto questo non è vero, se l'asse Bersani-passato è indissolubile, se la sinistra ha scelto con le primarie di rimanere sinistra, che importa? Dai Matteo, vieni a fare un po' il pennacchio, una comparsa (tanto tu  ne intendi di comparse no?), vieni  a farci la foglia di fico (tante  tu fico lo sei no?) , dai Matteo, non star lì a sottilizzare, quello che conta è la foto allo stadio, e poi non sarai mica permaloso?, scherzavamo, dai Matteo, non è vero che sei un disco rotto, non è vero che sei esaurito. Poco trasparente? Ma chi l'ha detto? Figlio di Berlusconi?  Al massimo cugino. Le Cayman? Ma se non sei mai andato nemmeno a Lugano. Dai Matteo, beviamoci su un bicchiere, anche due, così dimentichiamo meglio, avanti, facciamo vedere che il partito è unito, che sei dei nostri, e ci siamo sempre voluti sempre bene. Se vinciamo, te lo promettiamo, ti portiamo in gita. Ad Arcore. E ti regaliamo l'intera collezione del Drive In. di Mario Giordano  

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