Italicum: ecco la nuova legge elettorale
Un partito solo al governo. Così cambierà la faccia dell'Italia con il via libera finale che con tutta probabilità la legge elettorale otterrà questa sera alla Camera. Il testo, infatti, stabilisce che il premio di maggioranza (cioè un numero di seggi aggiuntivi assegnati al vincitore perché riesca efficacemente a governare) verrà offerto al partito e non più alla coalizione, come avveniva con la precedente legge elettorale, il Porcellum. COME FUNZIONA - Il provvedimento dispone che, se un partito raggiunge almeno il 40% dei voti, ottiene un premio fino al 15%, il necessario per raggiungere 340 seggi, cioè per avere una maggioranza abbastanza larga. Se nessuno raggiunge questa soglia, allora si va al ballottaggio tra i primi due partiti. Chi vince ottiene i 340 seggi. Alla fine, il partito che dispone della maggioranza esprime il Governo, ed è l'unico che ha i numeri per dargli o per togliergli la fiducia. La legge non riguarda il Senato, che dovrebbe, nelle intenzioni del Governo Renzi, entro le prossime elezioni diventare non elettivo (rappresentando gli enti locali e occupandosi delle relative materie). COSA SAREBBE SUCCESSO ALLE POLITICHE DEL 2013 CON QUESTA LEGGE - Se alle ultime elezioni politiche, quelle del 2013, fosse stata in vigore questa legge, sarebbero andati al ballottaggio Pd e M5S. La coalizione di centrodestra, infatti, aveva sfiorato il pareggio contro il centrosinistra, col 29,18% contro il 29,55%. Ma a livello di partiti, era stato il partito di Beppe Grillo a prendere più voti di tutti: ottenne il 25,56%, contro il 25,42% del Pd e il 21,57% dell'allora Pdl. Per questo motivo, pur contestando la legge, i deputati grillini hanno più volte puntualizzato che la loro contrarietà è dettata da motivazioni di principio perché, se ragionassero per interesse, sarebbero i primi beneficiari del nuovo sistema, che potrebbe consentire loro di guidare un Governo. SOGLIA DI SBARRAMENTO AL 3%, OPPOSIZIONI FRAMMENTATE - Partiti come Sel, che ottenne 37 seggi col suo 3,20% dei voti, sarebbero entrati alla Camera (il nuovo sbarramento è al 3%), con circa 8-9 deputati. La Lega, che col 4,09% dei voti ha ottenuto 18 seggi, ne avrebbe avuti forse meno di una dozzina. Una soglia di sbarramento bassa, come quella del 3%, favorirà la frammentazione delle opposizioni e ridurrà la loro forza di impatto sulle politiche del Governo. LA GUERRA CON FI E CON I DISSIDENTI PD - Forza Italia è sempre stata contraria all'attribuzione del premio di maggioranza al partito e non alla coalizione. Silvio Berlusconi, infatti, da tempo lavora alla ricostruzione di un polo di centrodestra e, con questa legge, l'unica speranza di tornare al Governo per la sua area diventerà convincere tutti a entrare in un unico partito, orizzonte piuttosto difficile da immaginare visto il fallimento del Pdl - «per organizzarsi hanno tempo fino al 2018», ha chiosato ieri il premier Matteo Renzi a Bologna -. Nonostante la contrarietà su questo punto, Berlusconi ha dato seguito al patto del Nazareno, mettendo a disposizione i voti del suo partito per approvare la riforma in Senato, con l'intesa che si sarebbe trovato un accordo analogo anche sul presidente della Repubblica (qualcuno dei dissidenti del Pd, come Rosy Bindi, visto il tanto che Berlusconi politicamente aveva da perdere su questo punto, sostiene che dovesse esserci a margine anche qualche altra intesa mai resa nota, che riguardasse i suoi guai giudiziari). Saltato il patto del Nazareno, Forza Italia ha fatto le barricate alla Camera e ha denunciato la legge come anticostituzionale. I dissidenti del Pd, guidati dall'ex segretario Pier Luigi Bersani, da Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Pippo Civati, Rosy Bindi e altri, sono contrari al provvedimento soprattutto per via dei capilista bloccati. Il primo nome di ciascuna lista, infatti, sarà deciso dal partito e, di fatto, automaticamente eletto per i principali partiti. I dissidenti vorrebbero estendere la preferenza a tutta la lista. Con questo testo, infatti, le segreterie dei partiti avranno un grande potere nel decidere chi saranno gli eletti alle elezioni successive e potranno così consolidare ulteriormente il proprio consenso interno favorendo una progressiva fuoriuscita dal Parlamento delle voci dissonanti. C'è da dire, però, che sul tema delle preferenze l'opinione prevalente dentro il Pd è storicamente stata quella di limitarle, per evitare che il voto possa dare spazio a clientele sul territorio. Perciò il tema è delicato e la battaglia su questo punto soggetta a geometrie variabili. L'OPPOSIZIONE DEGLI ALTRI PARTITI - I partiti minori si oppongono alla nuova legge elettorale perché, evidentemente, questo sistema li condannerà a essere ininfluenti, mentre il Movimento 5 Stelle è contrario perché intravede, nella legge, un pericolo autoritario dal momento che, a conti fatti, considerando una affluenza alle urne intorno al 70%, un partito che raccolga il consenso del 20% dei cittadini potrà controllare il 55% della Camera. IN FRANCIA - Ma come funziona in Francia e in Germania? In Francia il potere esecutivo, diversamente da quello che succede da noi, è in capo al presidente della Repubblica, che viene eletto direttamente dai cittadini. Lui stesso nomina però anche un primo ministro, che non ha bisogno di un voto di fiducia per insediarsi, ma che può essere sfiduciato dall'Assemblea nazionale. Può capitare che presidente della Repubblica e maggioranza parlamentare siano di segno politico opposto. In quel caso il premier è espressione della maggioranza parlamentare e si parla di coabitazione. In sostanza, la stabilità è garantita da due voti distinti, quello al presidente della Repubblica e quello al Parlamento, piuttosto che dal blindare i numeri in Parlamento con un premio di maggioranza che distorce come una lente di ingrandimento il risultato delle urne. IN GERMANIA - In Germania il sistema è più simile al nostro, con un presidente della Repubblica sopra le parti e con un cancelliere federale che ha bisogno della fiducia del Bundestag. Ma in Germania i deputati possono sfiduciare il capo del Governo soltanto se contestualmente ne eleggono un altro. Un meccanismo, definito sfiducia costruttiva, che di fatto rende il Governo molto solido, anche di fronte a un sistema elettorale proporzionale, che di per sé favorirebbe la frammentazione. NEGLI USA - E negli Usa? Lì, come in Francia, il presidente è eletto direttamente dai cittadini. È l'unico titolare del potere esecutivo e non dipende da un voto di fiducia del Congresso. Quest'ultimo, però, può eprimere una maggioranza di segno politico opposto al presidente. In questo caso il presidente deve faticare a trovare un'intesa con l'opposizione per far passare i provvedimenti ma non cade il Governo, né si scioglie il Congresso.