Effetto Pascale: Berlusconi apre alle preferenze
C'è ma è come se non ci fosse. Silvio Berlusconi è a Roma da due giorni e, tuttavia, rispetto alle precedenti settimane si è manifestato davvero poco. Nessun vertice di partito, ma incontri con questo o quel dirigente. E poi studio. Tanto studio. Il Cav ha la testa china sui dossier, che manco quando era a Palazzo Chigi. Approfondisce le misure economiche da inserire nel programma elettorale di Forza Italia. Puro jogging per la mente nell'incertezza della durata della legislatura. Ma lui sta lì, vaglia la fattibilità delle proposte in favore degli anziani. L'odontoiatria sociale, ossia le dentiere gratis. L'oftalmologia pubblica, cioè la cataratta a spese dello Stato. E ancora: la flat tax e le pensione sociali, da portare a mille euro per 13 mensilità. Berlusconi vuole parlare di questo, «non delle questioni di partito», su cui insiste Fitto. Allo scopo, era in ballo per oggi una conferenza stampa. Ma, più probabilmente, Silvio farà una o più interviste televisive sulle sue proposte economiche. Un modo per «distogliere l'attenzione dai litigi di partito» e per togliere argomenti polemici a Raffaele Fitto. Nessun incontro tra i due. Nessun ufficio di presidenza in programma per discutere «l'azzeramento delle cariche interne», come chiede l'eurodeputato. Anche perché la questione della «democrazia interna» è già stata affrontata con la convocazione dei congressi provinciali con i quali Forza Italia rinnoverà la classi dirigente locale. Rimane la disponibilità berlusconiana a riconvocare il bureau del partito, «ma solo per parlare di temi concreti». E un tema concreto è la legge elettorale. Silvio ne ha discusso, ma solo nel consesso familiare. Arrivando a una svolta: «Meglio il Consultellum dell'Italicum» e non solo per l'impianto proporzionale del sistema elettorale in vigore. «Tutto sommato le preferenze non sono male, mi piacciono», ha confessato Berlusconi, rivedendo la precedente contrarietà all'indicazione del nome dei candidati sulla scheda. E raccontano che dietro il ripensamento berlusconiano, come spesso accade ultimamente, ci sia la compagna Francesca Pascale. È lei ad aver convinto Silvio che poi le preferenze non fanno così schifo. Tutt'altro, se possono permettere l'approdo della first lady in Parlamento. E Francesca ci vuole entrare a furor di popolo, non da nominata. Se le cose stanno così è chiaro che la strada dell'Italicum è sempre più in salita. Ieri 12 senatori del Nuovo centrodestra hanno disertato i lavori della direzione del partito in polemica con i contenuti della legge elettorale voluta da Renzi. Tra gli assenti Gentile, Azzollini, Viceconte ed Esposito. Se non si va a votare l'anno prossimo, rimane misterioso il motivo per cui ci sia questa gran fretta di approvare l'Italicum. E loro vogliono vederci chiaro. Così come i senatori Giovanardi e Compagna, che chiedono lumi anche sulla politica delle alleanze. «Non siamo contrari a questo progetto politico, ma non conosciamo i dettagli», precisa Giovanardi. E non sono servite a molto le spiegazioni del leader Angelino Alfano: «Tra Renzi e Salvini c'è una prateria e noi la batteremo», lasciando intendere l'intenzione di realizzare un polo moderato. Salvo poi additare l'esempio calabrese, dove i centristi sono andati da soli, come modello, frenando, contemporaneamente, sulle alleanze di centrodestra alle Regionali di primavera. A partire dal Veneto. «Forza Italia e il suo leader», attacca Fabrizio Cicchitto, «sono in crisi di credibilità. Berlusconi porta Salvini a Milanello, ma non si rende conto che il leader leghista sarà il suo assassino politico». Nel Partito democratico c'è altrettanta spaccatura in tema di regole di voto. L'ipotesi del differimento dell'entrata in vigore dell'Italicum non convince la minoranza interna. Che, anzi, sembra intenzionata a rimettere in discussione anche la riforma del Senato, in calendario alla Camera. Secondo la Velina Rossa, nel Partito democratico, cresce la voglia di Consultellum. Un sistema che, nella sua semplicità, ha il pregio di introdurre le preferenze. Un modo per riavvicinare i cittadini alle urne. Il carattere puramente proporzionale del sistema indicato dalla Corte Costituzionale potrebbe inoltre favorire il determinarsi di una «legislatura costituente» capace di «riformare davvero le regole dello Stato». di Salvatore Dama