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L'ira dei trombati del Pdl:"Faremo campagna anti-Cav"

Scajola e Ronchi

Gli ex di An parlano di pulizia etnica. Lasciati fuori dalle liste, ora minacciano: "Ci batteremo in questo mese per far perdere voti al Pdl e a Berlusconi"

Andrea Tempestini
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  di Caterina Maniaci Rabbia, amarezza, rassegnazione, voglia di rivincita. Le reazioni sono tante, il giorno dopo la presentazione delle liste, in casa pdl, per quelli che non hanno trovato un posto al sole. Amareggiato è Claudio Scajola, che accusa i vertici romani di non averlo informato delle candidature blindate di Augusto Minzolini e Giorgio Lainati, catapultati nelle liste della Liguria. Il partito locale è in rivolta e Sandro Biasotti, capolista alla Camera, getta acqua sul fuoco e lancia un nuovo messaggio distensivo agli scajoliani:  «Purtroppo, per la lotta interna al partito, invece di un catapultato, come ci spettava, ne sono arrivati due. Ora però dobbiamo guardare avanti e impegnarci tutti per la campagna elettorale». Anche l'ex di Alleanza nazionale  Eugenio Minasso, scivolato al terzo posto (dopo Biasotti e Lainati) con pochissime chance di rielezione avverte: «Ho sempre   creduto in questo partito, anche ora continuo a crederci, ma avere due  paracadutati nelle liste all'ultimo momento è davvero un pò tanto... Se dovessi rimanere fuori, sarebbe la prima volta dal '48 che manca dal Parlamento un esponente moderato in rappresentanza del bacino elettorale che va da Genova a Ventimiglia». In effetti, il drappello degli esclusi ex An è tra i più numerosi: nessun posto in lista per Andrea Ronchi, Pasquale Viespoli, Adolfo Urso, mentre si sono salvati Andrea Augello e Barbara Saltamartini. Mario Landolfi ha parlato, senza mezzi termini, di vera e propria «pulizia etnica» applicata ai reduci  di An.  E poi ci sono quelli che dichiarano apertamente che ora faranno campagna elettorale contro il Cavaliere. «Aveva ragione De Mita, Berlusconi è un venditore di tappeti.». Elio Belcastro e Arturo Iannaccone, fedelissimi del Cavaliere nella legislatura che si sta concludendo ed esclusi dall'apparentamento con le liste del Pdl, esprimono la loro rabbia per «essere stati traditi» da Berlusconi. E annunciano che sul territorio faranno campagna elettorale «per la proposta di governo che ci sembra più credibile, che non è quella del centro di Mario Monti nè tantomeno quella del Pdl, le cui liste non sono affatto pulite». Belcastro, già sottosegretario del governo Berlusconi, imputa allo «zampino» del governatore calabrese Giuseppe Scopelliti, che assieme a Denis Verdini «ha determinato la nostra esclusione. Forse», aggiunge, «non sono state gradite le mie parole sulla mancanza di agibilità democratica in cui versa la Calabria e sullo scioglimento del Comune di Reggio». Il Pdl, secondo Belcastro, «ha dato una parvenza di pulizia alle sue liste, in Calabria ad esempio candidando la figlia del giudice Scopelliti che è stata indotta in errore, ma sotto la facciata restano grossi problemi».    Un approccio più disincantato alla questione è  quello scelto da Marcello Dell'Utri: «Io non mi sento impresentabile, però Berlusconi mi ha detto che mettendomi in lista perde un milione e mezzo di elettori. Sbaglia, io non ci credo. Così mi sono tolto dalle p... e non si potrà dire mai che ha perso per causa mia». Dell'Utri, poi, conferma che «io, in realtà, pensavo di prenderli i voti. Volete che non ci siano un milione e mezzo di delinquenti che mi votano?».  

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