Processo Mediatrade, Silvio Berlusconi in ansia per Piersilvio: "Rischia la condanna da innocente"
Nono appuntamento a Cesano Boscone presso la comunità Sacra Famiglia. Prestare assistenza agli anziani ammalati è «una cosa meravigliosa», ha confessato Silvio Berlusconi. E non si dica che il Cavaliere non sappia trovare aspetti positivi anche nelle situazioni più complicate. L'affidamento ai servizi sociali in effetti è la parte meno amara della sua vicenda giudiziaria. Che nei prossimi giorni rischia di arricchirsi di nuove e ingenerose pagine. Lunedì tocca a Pier Silvio. Imputato nel processo Mediatrade insieme al presidente di Mediaset Fedele Confalonieri. Berlusconi junior è accusato di frode fiscale aggravata dalla transnazionalità per 8 milioni di euro. I giudici sono in camera di consiglio da giovedì e Silvio è molto preoccupato. L'ha confessato ai parlamentari di Forza Italia durante il vertice dell'altro giorno. «Mio figlio è assolutamente estraneo alle accuse, ma...». Poi si è autocensurato, perché l'argomento toghe per lui è assolutamente tabù. Però è chiaro che, agli occhi del Cav, il caso Mediatrade è molto simile a quello dei diritti Mediaset: una farsa. Per la quale Berlusconi senior è stato condannato a 4 anni di carcere, tre dei quali annullati per effetto dell'indulto. RUBY E LA GRAZIA Ma i conti aperti con la giustizia, per Silvio, non finiscono qui. L'11 luglio, presso la Corte d'Appello di Milano, è prevista la requisitoria del procuratore generale Pietro De Petris sul caso Ruby. In primo grado Berlusconi è stato condannato a 7 anni per concussione e prostituzione minorile. Un anno in più rispetto alla richiesta dell'accusa. A seguire ci saranno le arrighe difensive. La nuova strategia inaugurata dal professor Franco Coppi è quella di smontare la tesi dell'accusa, invece di gridare al pregiudizio antiberlusconiano delle toghe. Il giudizio d'appello potrebbe arrivare già il 18 luglio. Tempi rapidi. Che fanno temere al Cavaliere l'arrivo di una nuova condanna definitiva entro la fine dell'anno. Sarebbe un colpo durissimo alla sua immagine. Ma anche al suo percorso di riabilitazione. In presenza di un nuova sentenza, addio ai servizi sociali. Il destino del Cavaliere sarebbero gli arresti. Nel suo domicilio, si spera. Ma Berlusconi, raccontano, ancora spera di riabilitare se stesso e la sua storia con una soluzione politica. Ed è questo il motivo per cui vuole tenere a tutti i costi aperto il canale del dialogo con Palazzo Chigi. Mettere la sua firma, accanto a quella di Matteo Renzi, sotto le riforme costituzionali. Sperare in un nuovo presidente della Repubblica più sensibile al suo dramma umano. E, magari, in un provvedimento di clemenza. La grazia. Tuttavia sia Renzi sia il suo predecessore negano che, all'interno del colloquio di giovedì mattina, sia stato intavolato l'argomento salvacondotto. In un primo momento Berlusconi aveva accennato a un'intesa sulla riforma della giustizia («Matteo ha promesso che la faremo insieme»), salvo poi ritrattare con il comunicato di ieri: «Nessuna collaborazione su economia e giustizia». E comunque Silvio si è indignato molto quando ha saputo che alcuni dei suoi andavano a dire in giro questo: che il leader azzurro avrebbe offerto i voti di Forza Italia a Renzi in cambio di un salvacondotto per sé e per le sue aziende. È vero, invece, che un provvedimento di clemenza non risolverebbe tutti i problemi giudiziari di Berlusconi. Nei prossimi mesi arriveranno al dunque anche gli altri processi in cui l'ex presidente del Consiglio è imputato. A Milano c'è l'inchiesta Ruby ter, che discende dal Ruby bis. Silvio è accusato di aver inquinato le prove corrompendo i testimoni. E inducendoli a descrivere le cene di Arcore come appuntamenti conviali ed eleganti. BARI E NAPOLI C'è poi il caso Tarantini a Bari. Il Cavaliere, secondo i pm, avrebbe indotto Giampi a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, pagandolo per non rivelare che le ragazze invitate alle sue feste erano escort. A Napoli c'è il caso De Gregorio. Lì il presidente di Forza Italia è al centro delle indagini per una presunta compravendita di senatori finalizzata a far mancare i numeri del governo di Romano Prodi. Finita? Non ancora. In sede civile c'è ancora la coda del Lodo Mondadori. Con la famiglia De Benedetti che chiede altri 90 milioni di euro, oltre ai 494 già incassati da Fininvest, per i danni non patrimoniali. L'altro procedimento civile è quello che vede Silvio in causa con la signora Veronica. I due hanno ufficialmente divorziato, ma è ancora in ballo la vicenda del mantenimento della Lario. di Salvatore Dama