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Strasburgo, il sospetto: c'è Angela Merkel dietro il "kapò" Weber. Matteo Renzi si vendica su Juncker

Giulio Bucchi
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L'hanno già chiamato "il kapò di Renzi". Manfred Weber, 42enne bavarese capogruppo del Ppe, è stato l'uomo del giorno a Strasburgo. Il suo attacco frontale al premier italiano su regole, rigore e flessibilità ha fatto arrabbiare non poco gli eurodeputati del Pd, del Pse, lo stesso Matteo Renzi (piccata la sua replica sulla "Germania che le regole le ha violate, proprio in questa aula") e pure molti rappresentanti di Forza Italia, solidali con la causa nazionale. Una critica talmente diretta da far sospettare (eufemismo) che dietro le parole del rappresentante della Csu, alleata a Berlino con la Cdu, ci sia proprio lei, Angela Merkel. Ppe compatto (a parte Forza Italia) - La cancelliera tedesca, gli scorsi giorni, aveva aperto a Renzi sul tema della flessibilità, prospettando qualche deroga al tetto del 3% in cambio di riforme certe e incisive. Lo stesso documento programmatico elaborato da Van Rompuy rappresenta, ad oggi, il punto d'incontro tra Ppe e Pse. E a queste basi Renzi, i dem e il Pse tutto ancorano la convergenza sul popolare Juncker alla presidenza della Commissione Ue. Un compromesso che, il giorno dopo l'inizio del semestre italiano, è già a rischio. L'interrogativo che molti si sono fatti, mercoledì nei corridoio di Strasburgo, è questo: davvero Weber può aver parlato a titolo personale? Possibile che l'affondo su Renzi sia arrivato senza il consenso di Berlino? "La frazione del Ppe ha deciso i contenuti dopo un attento esame delle linee politiche da prendere - ha spiegato lo stesso Weber a Repubblica -. E nella discussione sul Patto di stabilità la nostra linea, sostenuta anche da greci, spagnoli, irlandesi e portoghesi, è quella che ho espresso in aula". Weber non cita gli italiani del Ppe, che infatti avrebbero espresso la loro solidarietà a Renzi. Pur critici con il discorso lacunoso del premier, gli azzurri fanno fronte comune con gli interessi dell'Italia. Lo stesso Raffaele Fitto rilancia l'idea che Weber "parli a nome di Berlino", mentre Giovanni Toti si è prodigato in baci e abbracci all'ex sindaco di Firenze, subito dopo l'intervento.  Renzi a Porta a porta: "In Europa basta lezioncine all'Italia" Juncker, doppio gioco e ricatti - Davanti all'attacco del capogruppo popolare, Renzi ha prima reagito sprezzantemente. Quindi, sul volo che lo ha riportato a Roma giusto in tempo per la sua apparizione a Porta a porta (con tanto di conferenza stampa europea snobbata), ha rincarato la dose. "Per me conta solo quello che mi ha detto la Merkel faccia a faccia, con lei e Juncker siamo d'accordo. Pacta sunt servanda". Insomma, al di là dei riferimenti ammiccanti alla "Generazione di Telemaco" e alla "Smart Europe", l'obiettivo di Renzi è chiaro: cambiare verso alle politiche rigoriste, puntare tutto sulla crescita. Che ci riesca, è altro discorso. Il fronte del Ppe, per ora, esclusi gli italiani sembra granitico. E l'idea che la Merkel giochi su due tavoli, dando assicurazioni per incassare la nomina di Juncker e poi dire nein a ogni ipotesi di flessibilità, oggi non sembra così irreale. Cosa rischia Renzi - La renziana Simona Bonafè, al riguardo, è chiara: "C'è un accordo su Juncker legato al programma che dice flessibilità. Niente programma, niente Juncker. E l'ex ministro prodiano Paolo De Castro aggiunge: "E' possibile che Weber abbia fatto quella sparata per tranquillizzare l'elettorato tedesco. Ma il 16 luglio, quando Juncker verrà qui a farsi votare, vogliamo risposte chiare. Accettano di scorporare i cofinanziamenti dal calcolo del deficit? Sì o no. Gli investimenti su scuola e infrastrutture sono fuori dal patto di stabilità? Sì o no. Altrimenti si ridiscute tutto". Renzi ha parlato di speranza e coraggio: forse anche il suo "ricatto" sulla Commissione fa parte di questa strategia, perché senza quei soldi europei a saltare sarà la sua poltrona di Palazzo Chigi, insieme alla sua credibilità.

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