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L'ultimo delirio grillino: "Vietiamo le bistecche"

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Ignazio Stagno
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«Gli italiani hanno fame e voi gli avete tolto il pane agli italiani!», gridava con voce rotta dall'emozione Alessandro Di Battista del M5S contro Roberto Speranza del Pd in una lite recitatissima davanti alle telecamere a Montecitorio. Ora “Diba” (così lo chiamano i fan) agli italiani vuole togliere il prosciutto. Ma anche la mortadella, gli hamburger e il petto di pollo, insomma ogni tipo di carne. La crisi ha costretto le famiglie ad una drastica spending review sulla lista della spesa, ma non basta, bisogna eliminare del tutto la carne. L'obiettivo di Diba, che si definisce «dipendente del popolo italiano», non è quello di affamare i propri datori di lavoro, ma bloccare l'immigrazione. In un post su Facebook confessa la sua conversione al vegetarianesimo: «Vi scrivo dal Cairo, ho scoperto che alcuni scafisti che conducono i migranti verso le nostre coste sono ex-pescatori costretti al contrabbando di uomini dall'impoverimento del mare egizio». Secondo Di Battista, mangiando pesce impoveriamo il mare e togliamo quindi lavoro ai pescatori che sono costretti, poverini, a diventare scafisti. La tesi è affascinante e va seguita, perché c'è dell'altro: «Le monocoltivazioni di cereali rivolte agli allevamenti intensivi sono una delle cause dell'abbandono delle campagne da parte dei contadini che si riversano nelle periferie degradate delle città per poi fuggire in direzione Ue o Usa». Inoltre mangiare l'arrosto non solo crea disoccupazione, ma, sempre a causa degli allevamenti intensivi, è responsabile «dell'effetto serra e di quei cambiamenti climatici che producono siccità e desertificazione». Non finisce qui, perché costate e insaccati provocano anche povertà, miseria e guerre per controllare le risorse idriche. Insomma per la pace nel mondo bisognerebbe bandire salami e bresaole. Di Battista è colpito dalla folgorante illuminazione sulla via del Cairo, dove è in missione con la commissione Affari Esteri per incontrare il presidente egiziano Abdelfattah Al-Sisi. Si tratta del capo del governo contro cui Diba pochi mesi fa scagliava parole di fuoco per la repressione contro i Fratelli Musulmani: «Chi ha ordinato la strage va processato da organismi internazionali come è avvenuto in Serbia – scriveva su Facebook – Il governo dei militari va disconosciuto senza alcun distinguo. Nuove elezioni vanno indette al più presto». Uno si immagina che Diba le canti in faccia allo «stragista», ma quando se lo trova davanti fa la foto ricordo con il generale. Non ce l'ha fatta, non se l'è sentita. E così fa anche con la carne: «Non riesco ad essere vegetariano del tutto. Riesco a rinunciare alla carne per mesi ma poi, puntualmente, ci ricasco». Diba è così, se deve salire sul tetto di Montecitorio lo fa ad occhi chiusi, ma non riesce a rinunciare a una fettina di culatello. Il pasionario pentastellato non cerca scuse, sa che è difficile per tutti privarsi di una bistecca, quindi c'è bisogno di una legge: «Mangiare meno carne è una scelta politica che ognuno di noi deve fare. E per questo il legislatore deve trattare urgentemente la questione». Questa non è una scelta individuale di Diba, ma una battaglia politica dei 5 Stelle. Chi invece è favorevole alle bistecche e all'allevamento si iscriva al Movimento 5 Stalle. Luciano Capone 

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