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La campagna di IngroiaParte con un furto

Sui social network i fan dell'ex pm "arruolano" pezzi grossi dei fumetti come Mafalda, Dylan Dog. L'editore di quest'ultimo diffida: uso illecito dell'immagine

Lucia Esposito
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di Francesco Specchia Giuda ballerino!» ululò Dylan brandendo il clarino come mazza ferrata, trasformando -  per la prima volta - la propria invincibile malinconia prima in incazzatura, e poi in diffida legale. Neanche nelle migliori sceneggiature: c'è il sedicente indagatore dell'incubo Dog Dylan da Londra che diffida il sedicente incubo della paleopolitica  Ingroia Antonio da Palermo, dall'usare la sua immagine come testimonial elettorale del neo movimento Rivoluzione Civile. Accade infatti che la campagna elettorale del magistrato s'avviti in una serie di cartelloni che rapiscono gli eroi dei fumetti; ne infrangono la neutralità politica; e li costringono a sponsorizzare Ingroia., appunto. Non c'è solo Dylan, effigiato come «lavoratore a progetto», al quale viene fatto esclamare: «Basta con questi mostri che ammorbano le istituzioni. Anch'io voto Rivoluzione Civile, insieme vinciamo!». (Vinciamo chi? Dylan Dog, Ingroia, Di Pietro e De magistris?)  E, occhio, sono pure arruolati nell'allegra macchina da guerra ingroiana, sempre a loro insaputa, nell'ordine: l'extracomunitario provvisto di nunchaku, Kenshiro della scuola di gladiatori di Hokuto che voterebbe Antonino perchè «Chi ha tolto l'art.18 merita l'inferno»; e Brontolo il nano incazzoso, segnalato genericamente come «minatore», contro la Fornero: «Lavorare fino a 70 anni? No grazie»; e un tal signor Hessen, montanaro che poi sarebbe il nonno di Heidi avverso ad ogni tipo di trafori: «No alla Tav, no alla devastazione delle montagne»; e perfino il benestante la Cosa dei Fantastici Quattro abitante nella ricca Park Avenue, segnalato erroneamente come «disoccupato»; e addirittura il mitico Thor (in un'immagine vecchia, ad occhio  firmata da Jack Kirby) che urla «Prendiamo a martellate mafia a corruzione». Tra l'altro Thor viene spacciato come «25enne militante antimafia», nulla di più falso: il ragazzo è immortale vide il Grande Serpente cingere l'alba del mondo, e mai ci fu la mafia tra gli dei Norreni; al limite spuntava Loki l'ingannatore che agiva per lo più da solo o in combutta coi troll.  Ora, nonostante il simpatico frullo di fantasia e le buone intenzioni dei fan ingroiani, strappare un eroe dei comics al sogno di lettori politicamente trasversali è sacrilego, un atto di violenza inaudita. Oltre che, naturalmente, violazione di copyright. Soprattutto Dylan Dog indicato ai lettori come candidato giustizialista  - diomio - non si può vedere. Un conto è spendersi per campagna sociali contro la droga o l'abbandono degli animali; un conto è fare il galoppino per un politico. C'è una dignità, un senso del decoro, soprattutto nei simboli della nostra letteratura pop.  Così, la Sergio Bonelli Editore che ne detiene i diritti ne ha subito notificato il divieto d'uso d'immagine del signor Dog. «Non abbiamo permesso che Dylan Dog venisse utilizzato come testimonial nelle elezioni studentesche, figuriamoci se per le elezioni politiche» confida Mauro Marcheselli direttore editoriale della casa milanese «e non parliamo di Tex: se ad Ingroia o a chi per lui venisse in mente di incasellarlo a sinistra, immagino la rivolta. Credo sia giusto mantenere l'apoliticità dei personaggi. Che poi tra noi sceneggiatori e disegnatori ognuno abbia la sua idea e la porti avanti è normale, ma deve farlo fuori dalla casa editrice». Marcheselli, assieme al direttore generale Davide Bonelli erede del grande Sergio, segue il solco da sempre indicato dallo stesso editore scomparso: «Tra l'altro l'uso politico dei personaggi, il tirarli per la giacchetta a destra o a sinistra era la cosa che faceva imbestialire di più Sergio Bonelli». Ed è vero. Sergio era l'uomo delle libertà: non riteneva giusto esprimere ai fan le proprie idee politiche (ma non è vero che era di sinistra come scrive il Corriere della sera). Alla fatidica domanda se Tex fosse di destra - perché  era law & order - o di sinistra - perché  difendeva gli indiani, minoranza etnica - sbuffava e, scherzando ci diceva che, al limite, Aquila della Notte votava Pannella.  Certo, alla reazione della Bonelli (a cui, quasi di certo seguiranno quelle della Marvel, o degli editori giapponesi) Ingroia deve aver capito che una cazzatella s'è fatta. «Facciamo la rivoluzione, ma rispettiamo il copyright», twitta il candidato ai suoi. Cominciamo bene. Un magistrato che non s'è ancora buttato in politica, ed eccoti già il primo illecito. Violazione di copyright e, ad essere pignoli, ci si potrebbe vedere la contraffazione  di marchio (che scuole di diritto industriale internazionale spesso  equiparano al reato di furto, ma vabbè, teorie...). Però, insomma, non è comunque una bella cosa. Giuda ballerino.

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