Grillo minaccia il ritiroMa è soltanto un bluff
Il comico: "Resta il simbolo tarocco? Non ci presentiamo". Ma il suo ha già corso in altre elezioni (e lui lo sa). Base in subbuglio per l'apertura a CasaPoun
di Claudio Antonelli Pericolo, pericolo. Il Movimento 5 stelle vede all'orizzonte il rischio oblìo. Il vero nemico di Grillo sarebbe il silenzio da parte delle tanto insultate tivù, che negli ultimi mesi lo hanno seguito passo a passo, e ora metterebbe a repentaglio l'intera strategia comunicativa dell'ex comico. Grillo sa bene che dopo la (ri)discesa in campo di Berlusconi più dei contenuti, degli argomenti e delle parole varrà il potere di calamitare i voti con giochi di prestigio e con il carisma. Così non poteva permettersi di lasciar cadere la vicenda delle liste civetta. Il simbolo dei grillini è apparso l'altro ieri al sesto posto della bacheca ufficiale del Viminale, mentre al secondo posto faceva bella mostra un «Movimento 5 stelle» depositato, guarda un po', da un ex grillino. Tanto è bastato al leader degli M5S per lanciare in rete l'anatema. «In caso della presenza di un simbolo confondibile non parteciperemo», ha scritto Beppe Grillo sul blog. «Questa è l'Italia che non c'è più, che non ci appartiene, che va cambiata dalle fondamenta. Se entreremo in Parlamento lo apriremo come una scatola di tonno. Se non ci lasceranno partecipare si prenderanno la responsabilità della delegittimazione dello Stato e delle inevitabili conseguenze». La possibilità che si realizzi la minaccia di abbandono dell'agone politico è praticamente nulla. A tagliare corto ci ha pensato l'ex ministro degli Interni Beppe Pisanu che all'Ansa ha dichiarato: «Il simbolo 5 Stelle è già comparso in altre competizioni elettorali e quindi non c'é dubbio che il ministero dell'Interno debba riconoscerlo a Beppe Grillo». Lo sa bene anche Grillo che a vicende simili non è nuovo. Già successo nel 2011 in Piemonte. Solo che allora probabilmente era più conveniente far parlare gli avvocati in tribunale piuttosto che i politici in rete. La lista Grillo Parlante (legata alla coalizione No-euro) fu bloccata in soli 14 giorni dopo un esposto del Movimento 5 Stelle che temeva confusioni e omonimia. Ma quello che conta adesso è sollevare polverone. Il messaggio è: questa non è democrazia, non vi fanno nemmeno votare. Sperando forse che più che gli oppositori siano i sostenitori a dimenticare alcuni granchi sui quali Grillo si è trovato negli ultimi giorni. A inizio settimana. «Il tempo delle ideologie è finito. Il Movimento 5 stelle non è fascista, non è di destra, né di sinistra», viene affermato. E come accaduto a Bolzano nel 2011, Grillo, stavolta a livello nazionale, apre a CasaPound. Le reazioni sono feroci. Un blogger grillino, tanto per fare un esempio sentenzia: «Non sono ragazzi, sono fascisti», riferendosi a quelli di CasaPound. A non essere andato giù al popolo del web è anche un'altra contraddizione dell'ex comico genovese. Il Movimento ha sempre sostenuto che a queste elezioni non ci sarebbe stato un candidato premier, ma solo un portavoce. Al momento della presentazione della liste invece il nome di Grillo appare seguito da candidato a «governare la Repubblica italiana». Non è certo colpa sua, perché la legge impone che venga indicato il nome del capo della coalizione. Il paradosso sarebbe invece successivo. Nel caso in cui Beppe venisse eletto, i grillini, che hanno eliminato tutti i candidati con la fedina penale non intonsa, si troverebbero con un premier condannato.