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Def, pensioni e sanità Ecco tutti i conti che già non tornano

Ignazio Stagno
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È senza dubbio una settimana decisiva quella che scatta domani, per il governo di Matteo Renzi. Dopo il tour europeo - a Parigi da Francoise Hollande, a Berlino da Angela Merkel e a Bruxelles per il Consiglio Ue - il premier italiano deve passare dagli impegni ai fatti. Dalle parole alle decisioni sui quattrini. Tutto ruota attorno alla spending review, la revisione della spesa statale confezionata dal Carlo Cottarelli e in parte già bocciata dallo stesso Renzi. I nodi da sciogliere sono tanti. Coperture e tasse. Dalla reale portata delle sforbiciate al bilancio pubblico, infatti, dipende l'effettiva possibilità di poter avere risorse a disposizione (le coperture) da riversare sul piano «taglia tasse». L'esecutivo si è impegnato in Parlamento per ridurre l'Irpef di 10 miliardi di euro e l'Irap di circa 2,5 miliardi. Sta di fatto che dal capitolo pensioni a quello sulla sanità sono tanti i dubbi che l'inquilino di palazzo Chigi ha sollevato in relazione alle proposte presentate dall'ex funzionario del Fondo monetario internazionale. Cottarelli in bilico. Una lunga lista di perplessità che, secondo taluni, potrebbe essere il preludio al «licenziamento» di Cottarelli. Renzi ha detto apertamente che non ha gradito il modo con cui è stato presentato il piano da parte del commissario e la creazione della cabina di regia economica a palazzo Chigi potrebbero rendere superflua la presenza di un consulente al Tesoro. Il primo Def di Renzi. Il rischio di creare un pasticcio, dunque, è enorme e il tempo stringe: bisogna cominciare a mettere nero su bianco le cifre del programma. Il governo deve uscire allo scoperto e dovrà farlo gioco forza nei prossimi giorni con il Documento di economia e finanza: il primo Def dell'era Renzi. Rigore sui conti. Dunque torna il «rigore e sviluppo» di Tommaso Padoa-Schioppa: «Non abbiamo alternative» ha detto ieri a Cernobbio il responsabile dell'Economia, Pier Carlo Padoan rilanciando la formula dell'ex ministro. Che da domani a via Venti Settembre dovrà chiudere il Def indicando i numerimacroeconomici del prossimo triennio. Quelli su cui si baserà la prossima legge di stabilità e, come accennato, l'intervento sulle tasse che Renzi vuole rendere concreto con la busta paga di maggio. Sia la Germania sia i vertici dell'Unione europea non hanno avallato la richiesta di Renzi di avere sconti per il calcolo del deficit.  Deficit. Dopo gli incontri europei, non è ancora deciso come si procederà per il 2014. Il precedente esecutivo ha fissato il deficit al 2,6% del pil con uno scarto di 0,4 punti fino al limite europeo del 3%. Resterebbe così un «margine» di 6,4 miliardi (ogni 0,1 punti di deficit sono circa 1,6 miliardi) da impiegare per il calo delle tasse. Ma quel 2,6% si fonda su una crescita del pil all'1% che è frutto di una vecchia stima e che potrebbe essere smentita dai fatti, lasciando un pugno di mosche in mano al premier. Lo stesso Padoan ha detto che i numeri che hanno sott'occhio sono più vicini a quelli della Commissione europea, che vede il pil italiano 2014 allo 0,6%. Pagamenti debiti Pa. C'è anche un'altra ipotesi che lascerebbe inalterato il livello del 2,6%: se il governo riuscirà a dar seguito alle misure annunciate (a partire dal pagamento per oltre 60 miliardi dei debiti della Pa) si stima infatti un effetto positivo sulla crescita di 0,5 punti. Impatto che sul deficit avrebbe un effetto benefico di 0,2 punti: si libererebbero 3,2 miliardi lasciando il deficit al 2,6%. L'ultima scelta deve essere «politica». Pensioni e sanità. Stesso discorso per mettere mano alla previdenza e al comparto salute. Le sforbiciate suggerite da Cottarelli sono già state smontate dal presidente del consiglio Privatizzazioni. Il reperimento di risorse è in alto mare e Padoan ha rilanciato le privatizzazioni, accelerando la dismissione di quote di Fincantieri, Ferrovie dello Stato, Cassa depositi e prestiti. di Francesco De Dominicis

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