Finiani ridotti all'uno virgolaE Bocchino adesso rischia il posto
Solo Gianfry sicuro della deroga per chi ha fatto più di tre mandati in Parlamento. L'altra se la giocano Italo, Menia e la Napoli
Sono ore frenetiche, le ultime prima della definitiva compilazione delle liste centriste capeggiate da Mario Monti. Troppi pretendenti per poche poltrone, una buona parte di parlamentari uscenti rimarrà a casa. Con i sondaggi al 15%, la coalizione dovrebbe eleggere all'incirca lo stesso numero di parlamentari attualmente nelle fila di Udc e Fli, ma in questa tornata oltre la metà usciranno dalla "lista Monti" che alla Camera sarà «composta solo da esponenti della società civile e non da parlamentari», come ha orgogliosamente dichiarato il premier. Gli uscenti si troveranno quindi nell'imbarazzante situazione di dover fare una campagna elettorale concentrata sul nome e sul lavoro di Monti col rischio di portare acqua al mulino di chi gli farà perdere il seggio. I problemi riguardano anche i paletti alle candidature imposti dal premier sulla candidabilità di chi ha «condanne e processi in corso, conflitti di interesse» o viola «il codice deontologico antimafia». La situazione più difficile è quella di Futuro e libertà che, con i sondaggi all'uno-virgola, eleggerà pochi dei suoi attuali 34 deputati e senatori. Inoltre il Professore ha deciso di escludere chi ha fatto più di tre mandati prevedendo «un massimo di due deroghe per ciascuna lista». In Fli una sarà sicuramente spesa per Fini, in Parlamento da 8 legislature e 30 anni, e l'altra dovranno contendersela tre pezzi grossi del partito come il coordinatore nazionale Roberto Menia, il vicepresidente Italo Bocchino e un simbolo della lotta alla criminalità come Angela Napoli, il primo con alle spalle 19 anni di onorevole carriera e gli altri due con 17. Bocchino è molto sicuro di sé: «Sarò candidato, ma da combattente», «sui mandati ci atterremo ai criteri ed io sarò ovviamente in lista», ma dietro tanta spavalderia c'è la paura reale di rimanere escluso. Bocchino infatti è anche nella black-list di Enrico Bondi, il manager che su mandato di Monti ha il compito di tenere le liste pulite. Sulla scrivania di Bondi c'è un vero e proprio dossier sul parlamentare campano con capitoli riguardanti le sue traversie da editore del quotidiano «Il Roma»: dal sequestro da parte della Procura di Roma di contributi pubblici destinati al giornale e immobili per un totale di circa 5 di euro, alla vicenda della Finbroker, società finanziaria sanmarinese impegnata nell'affaire Telekom Serbia, che nel 2001 versò al quotidiano di Bocchino più di 2 miliardi per risanarne i conti. Bocchino non deve guardarsi solo ai vincoli imposti da Monti, dal limite dei tre mandati allo screening di Bondi, ma deve difendersi anche dalla fronda nel partito che in questi anni ha mal sopportato la sua gestione. Italo non può vantare grandi successi: dai risultati negativi alle elezioni amministrative (emblematico il flop in una storica roccaforte di destra come Latina), all'assottigliamento del gruppo che ha visto allontanarsi parlamentari di provata fede finiana in contrasto con lui, gente come Adolfo Urso e Andrea Ronchi o la stessa Angela Napoli. La sua gestione è stata un fallimento dietro l'altro che ha reso Fli un partito del tutto marginale nel panorama politico italiano, come peraltro dimostrano gli impietosi sondaggi elettorali. C'è chi ha contestato il suo eccessivo antiberlusconismo, chi i suoi tentativi di riallacciare i rapporti con Alfano, chi la sua sovraesposizione mediatica o le sue vicissitudini amorose. Fatto sta che Bocchino, oltre la propria cerchia di fedeli, ha pochi amici nel partito. Tra i suoi avversari anche il capogruppo Benedetto Della Vedova che, per sfortuna di Italo, è un consigliere ascoltato da Fini ed è molto stimato dallo stesso Mario Monti. Fino ad ora Bocchino ha goduto della protezione di Fini in persona, ma le cose sono cambiate: pochi giorni fa il presidente della Camera gli ha ritirato tutte le deleghe, specialmente quella sulla compilazione delle liste, ed ha ripreso in mano il pieno controllo del partito. Anche se Bocchino non perde un'intervista per ribadire che sarà candidato, l'impressione è che in Fli non vedano l'ora di liberarsi di lui: l'occasione è ghiotta in quanto permetterebbe al partito di presentarsi in una veste rinnovata scaricando la responsabilità della decisione su Monti e Bondi. L'esclusione di Bocchino potrebbe rivelarsi positiva anche per lo stesso Monti che, non potendo presentare in campagna elettorale risultati positiva su tasse, crescita e disoccupazione, potrebbe almeno rivendicare il merito di aver liberato gli elettori da Italo Bocchino. di Luciano Capone