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I montiani del Pdl restano a piediFrattini e Mauro cercano scialuppa

Davide Frattini

Nel listone del Professore, probabile posto sicuro per l'ex Pd Ichino. Mentre la dozzina di azzurri che si è schierata col premier uscente rischia di restare col cerino in mano

Andrea Tempestini
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di Tommaso Montesano E adesso a rischiare di restare con il cerino in mano è la dozzina di «montiani» del Pdl. Quelli che hanno lasciato il partito di Silvio Berlusconi per il Professore. Perché tra le liste che faranno parte della coalizione che alla Camera sosterrà Mario Monti, non c'è quella dei fuoriusciti pidiellini. Giuliano Cazzola, vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, uno di quelli che si è speso di più in questa direzione, non nasconde la propria delusione: «Se la lista non c'è, vuol dire che non siamo stati in grado di farla». L'ex deputato del Pdl, tuttavia, non molla: «Non credo che la porta sia chiusa. Penso che Monti si sia limitato a fare il punto della situazione a ieri sera. Nulla vieta di aggiungere una lista nei prossimi giorni». E adesso? «Devo sentire gli altri. Certo, non è che possiamo entrare tutti al Senato...».  Nel listone «Con Monti per l'Italia». Dove il Professore sarà costretto a far convivere i candidati di Udc, Fli e i fuoriusciti dal Pd guidati da Pietro Ichino. Con tutte le incognite del caso, visto che i seggi al Senato sono la metà di quelli della Camera e per conquistarli, con la legge elettorale vigente, occorre fare i conti con i premi di maggioranza regionali. Insomma, i «montiani» del Pdl, partiti in pompa magna con la convention di Italia popolare un mese fa, rischiano di restare fuori dai giochi. Almeno come forza autonoma. Già, perché qualche ex pidiellino eccellente, secondo indiscrezioni, invece di fare squadra con i colleghi avrebbe contrattato personalmente il proprio futuro con lo stesso Monti. I nomi più gettonati, in queste ore, sono quelli di Mario Mauro,  ex capodelegazione del Pdl al Parlamento europeo, e Franco Frattini, già ministro degli Esteri del governo Berlusconi. Per loro sarebbero pronta una candidatura, in posti di riguardo, per Palazzo Madama. Un altro papabile, incontrato da Monti prima della presentazione del simbolo all'hotel Plaza, sarebbe Alfredo Mantovano, in lizza per fare il capolista in Puglia.  Alla Camera, invece, Udc e Fli andranno con i loro simboli. E con i nomi dei rispettivi leader, Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, nel logo. Per loro, che aspiravano a fregiarsi del nome di Monti per incamerare qualche voto in più, è un colpo duro da incassare. E se il leader di Fli, vista l'assenza di una lista di ex pidiellini, può tirare un sospiro di sollievo (perché potrà entrare in Parlamento utilizzando la clausola che prevede il ripescaggio della prima lista rimasta sotto il 2% nel caso la coalizione raggiunga a sua volta l'8%), adesso dovrà fare i conti con Enrico Bondi, il censore delle liste di Monti. Sembra che nel libro nero del manager, con un vero e proprio dossier, sia finito Italo Bocchino, vicepresidente di Fli, al quale non a caso due giorni fa lo stesso Fini ha ritirato tutte le deleghe nel partito.

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