Monti più Casini uguale: Tecnocrazia Cristiana
di Gianluigi Paragone «Non rifaremo la Democrazia Cristiana», si affrettano a precisare Mario Monti, Pier Ferdinando Casini e Luca Montezemolo. In un certo è senso è vero: non rifaranno la Democrazia Cristiana. Di quella non hanno i voti e neppure la prospettiva politica. In tanti affermano che Monti e Casini sono democristiani nel sangue. No, sono soltanto democristi. Lungi da me scrivere l'esegesi di quel partito e di quella stagione, per carità (non ne ho i titoli); resta che la Democrazia Cristiana aveva una idea di società che faceva perno sulla crescita del ceto medio, della borghesia allargata, della piccola impresa, della famiglia e del lavoro come gran motore dei cambiamenti di classe. Se ci fosse riuscita o meno toccherà agli storici giudicarlo, anche se a distanza di due decenni si può affermare che negli anni Settanta quell'idea politica aveva cominciato a produrre i primi risultati concreti, consolidatesi nel decennio successivo. Bene, quella visione di società che la Dc aveva oggi è la preda del montismo sotto le cui insegne capeggia Casini (che in quanto democristo s'è messo in saccoccia Passera, Fini, Montezemolo e tutti coloro che con la scusa della lista unica volevano fargli le scarpe). Ci torneremo. La crisi degli anni Novanta coincise, per quel partito come per tutto il sistema politico, con il distacco sociale di riferimento, nel senso che la classe dirigente della Dc mancò di agganciarsi alle nuove esigenze del ceto medio; esigenze di sviluppo, di crescita, esigenze di modernità dello Stato. Al Nord chi seppe intercettare i nuovi bisogni dei piccoli imprenditori fu la Lega di Bossi e Berlusconi con Forza Italia. Com'è andata a finire lo sappiamo e ce lo siamo detti mille volte. Torniamo dunque a quell'idea di Democrazia Cristiana e perché il duo Casini-Monti è distante dall'esperienza di allora. Ebbene, lo è perché nelle priorità del governo uscente è totalmente assente lo sviluppo della piccola impresa. Non c'è il sostegno alla famiglia. E l'opzione del lavoro come ascensore sociale manca del tutto. Se Berlusconi ha fallito sulla fiscalità, Monti ha prodotto un danno sociale maggiore perché non solo ha aumentato notevolmente le tasse ma ha puntato le fiches del suo esecutivo sulla roulette finanziaria: sostegno massiccio alle banche, impegni sul fondo salva stati (Esm), pareggio di bilancio (fiscal compact) senza le condizioni. Per non dire delle ultime mosse sulle tariffe e su certi strani provvedimenti che puzzano di favore pro grandi imprenditori amici. Queste politiche hanno inferto il colpo di grazia al ceto medio, già provato dalla crisi. L'intera azione di governo del professore bocconiano segna la distanza culturale con l'economia reale e appesantisce il divario generazionale nel senso che ha creato disagi tra i pensionati e offende i giovani nel mercato del lavoro come prova la sequela di gaffe della Fornero. Onestamente non si capisce dunque come Casini possa esaltarsi per l'agenda Monti, se non per finalità di mero potere. Perché di visione politica non v'è traccia alcuna. L'agenda Monti è il nuovo paradigma del centro: dalla Democrazia Cristiana alla Tecnocrazia Cristiana. Di uguale c'è solo la benedizione di una parte di Vaticano, (mi sento di escludere il Pontefice) finalmente libero di ottenere gli stessi favori riservati dai governi berlusconiani senza per questo dover zigzagare tra feste di Arcore, Minetti e altro. Si tratta della stessa parte di Vaticano abituata alle regole della tecnocrazia e della finanza. Un Vaticano attento alla gestione degli immobili e del welfare privato. Sapere di poter contare su un terzo polo complice (complicità culturale, s'intende) fa comodo. Si spiega così l'endorsement dell'Osservatore Romano, l'attivismo di Riccardi e altro. La Tecnocrazia Cristiana sa di avere in mano la golden share della prossima legislatura, quindi della prossima stagione politica. Sa che tutto ricondurrà (i processi si guidano…) affinché il pallino torni nelle mani di Monti: governo, presidenza della Repubblica, nomine pesanti eccetera. L'entusiasmo elitario cumulato sul professore si somma alla gestione politica di Casini, alla sua abilità di muoversi sullo scacchiere (il primo a farsi mangiare come la più inutile delle pedine è stato Passera, il quale si è dimostrato una volta di più un incapace baciato dalla fortuna): questa combinazione farà grandi danni al Paese. La Tecnocrazia Cristiana farà tornare indietro l'Italia, cancellando quello che di buono seppe fare la Democrazia Cristiana.