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Province e numero dei parlamentariAnche stavolta la castas'è tenuta tutte le poltrone

Tra i provvedimenti annunciati e non portati a termine nella legislatura, ci sono quelli sul riordino delle amministrazioni locali e i tagli a deputati e senatori

Matteo Legnani
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Riforma della legge elettorale, trasparenza degli atti pubblici e dei bilanci, divieto di affidare incarichi in aziende pubbliche a politici o a condannati. Sono tanti i provvedimenti annunciati e sbandierati dalle forze politiche e poi rimasti lettera morta al termine della legislatura. Ma ce ne sono due che gridano vendetta in modo particolare: il riordino delle Province e il taglio del numero dei parlamentari. Il primo, tramite che fissava l'accorpamento di molte amministrazioni con l'obiettivo di ridurre i costi della politica, si è arenato in Parlamento, bersagliato da una sassaiola di 700 emendamenti. E pensare che a parole l'avevano sostenuto tutti ma proprio tutti. Sulla riduzione del numero dei parlamentari si era trovato addirittura l'accordo a quota 508 deputati (anzichè 630) e 254 senatori (anzichè 315). Una sforbiciatina, nulla di epocale. E invece niente: la casta le poltrone se le è tenute tutte, ma proprio tutte, complice il fatto che, proprio sul più bello (per i cittadini) sul tavolo è arrivata la riforma semipresidenzialista del Cavaliere (che poi, ovviamente, pure non è approdata a nulla, se non a fungere da ottimo diversivo). Il quale poi ha pure il coraggio di andare in tv a dire che lui, le riforme, non ha potuto farle per colpa degli altri, dei partitini.

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