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Primarie Pd, Pansa: Renzi vince anche se perde

Il rottamatore ha contro tutto l'apparato del partito ma comunque vada avrà più spazio: i dinosauri hanno i giorni contati

Giulio Bucchi
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    di Giampaolo Pansa  Nessuno è in grado di prevedere come andrà a finire il ballottaggio odierno tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi. È  possibile che a vincere sia Bersani, ma in quel caso anche Renzi risulterà un vincitore. Per un complesso di motivi che adesso tenterò di ricordare a me stesso e ai lettori di  Libero. Mi sembra logico farlo dal momento che, di qui alle elezioni politiche di marzo, il sindaco di Firenze diventerà  una presenza incombente alle spalle del segretario del Partito democratico, se sarà lui il candidato premier del centrosinistra. Renzi ha già vinto perché i suoi avversari interni al Pd gli hanno regalato il ruolo di Davide che combatte da solo contro Golia. Il compagno Matteo ha ingaggiato la battaglia delle primarie nonostante fosse circondato da una marea di nemici. Gli erano ostili il 95 per cento dei parlamentari democratici e tutti i segretari di federazione del partito, tranne quelli di Lucca e di Verbania.  A loro si sono aggiunti alcuni opinion leader che, di solito, trovano ascolto nel Pd. Il più noto è Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica. Barbapapà non ha mai nascosto di considerare Renzi un corpo estraneo al centrosinistra. Le posizioni odierne di Eugenio sono note. Ma non tutti ricordano che, giuste o sbagliate che siano, hanno un merito: quello di essere rocciose e proclamate con largo anticipo rispetto alle primarie.  Nell'autunno del 2011, quando Renzi veniva già bastonato da tutta la nomenklatura democratica, a iniziare da quella toscana, Scalfari emanò la sua prima  scomunica. La scrisse in novembre nella rubrica sull'Espresso. E per cominciare lo bollò così: «Considero Renzi un personaggio irrilevante, se non addirittura dannoso, per un necessario riassetto della politica italiana». Poi gli mollò un cazzotto che, nelle intenzioni di Barbapapà, doveva mandarlo al tappeto per sempre.  Aggiunse che Renzi gli ricordava Craxi, insomma era un Bettino Renzi. Ai tempi suoi, anche il leader socialista aveva mandato a casa i dinosauri del Psi, mostrando di essere un precursore dei rottamatori. Ma il risultato era stato fatale per la politica socialista. Lo stesso sarebbe accaduto se il sindaco di Firenze fosse riuscito a rottamare i colonnelli post comunisti e post dicì che se ne stanno al sicuro nel ventre del Pd.  A sentire Scalfari, Renzi era avviato a fondare «un berlusconismo purificato». Reso ancora più nefasto da «una trasformazione antropologica dei democratici». La prova di questo crimine, secondo Eugenio, stava sotto gli occhi di tutti: la simpatia di Giuliano Ferrara per il sindaco di Firenze. Un fatto addirittura «inquietante».  Leggi l'articolo integrale di Giampaolo Pansa su Libero in edicola oggi, domenica 2 dicembre    

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