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I politici ridotti a camerieri litigano per le briciole

La nostra classe dirigente è schiava di altri poteri: si beccano per portare a casa gli avanzi della dispensa

Andrea Tempestini
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  di Gianluigi Paragone Buone primarie agli elettori del Pd. La sfida sarà vera e interessante, a prescindere dallo strascico di polemiche già facilmente prevedibili. Renzi se perderà attaccherà la rumba, farà il piangina (cosa che gli riesce benissimo...) sulle regole e s'inventerà una specie di ritorsione dei vecchi contro i giovani. Il ragazzotto è prevedibile, oltre che scarico. Esaurito il pacchetto di frasi fatte con cui sta facendo il giro delle sette chiese (soprattutto quella finanziaria), al sindaco di Firenze resterà un pezzetto di partito che, coi vecchi metodi, manderà a Roma in Parlamento. Lo ha ammesso egli stesso. Comunque sia, staremo a vedere; intanto... buone primarie a quelli del centrosinistra. Per quelle del centrodestra, invece, ci faranno sapere. L'idea della competizione per scegliere chi dovrà guidare il Pdl sta invecchiando assieme alla tiritera che il solito Berlusconi ha costruito per depotenziare delfini, colonnelli e aspiranti capi, a conferma che in quel non-partito basta un Berlusconi pressoché cotto per impacchettare tutti quanti. Vedremo quanto il vaudeville pidiellino proseguirà; i personaggi - da Brunetta a Samorì - non difettano. A destra come a sinistra una cosa tuttavia mi sembra si possa dire con certezza. Qualsiasi leader o mezzo leader uscirà dalle primarie sarà espressione di un potere residuale. La politica oggi assolve a una sola funzione: autoconservarsi. Il dibattito surreale e ipocrita sulla legge elettorale mette a nudo il meschino tentativo di salvare il proprio deretano, di non indietreggiare d'un passo rispetto al vento di cambiamento che soffia dappertutto. La difesa delle Province è un altro esempio di resistenza. Così come l'arroccamento della Polverini alla Regione Lazio, almeno fino a che ha potuto. Per non dire delle parole al vento sulla riduzione del numero di parlamentari; a tal proposito è notizia di questi giorni che vorrebbero istituire una commissione di esperti votati dagli elettori, incaricata di studiare una riforma costituzionale. Oltre al danno la beffa: altro che riduzione dei parlamentari, questi stanno cercando di piazzarne altri novanta! Pazzesco. L'astensionismo cresce perché non ci si fida più dei politici e questi vanno avanti a moltiplicare poltrone e stipendi per salvare se stessi! Il potere politico, in questi anni, si è avvitato su di sé, non è stato capace di trovare un nuovo equilibrio tra spesa pubblica e riforma fiscale. Si è sfibrato a tal punto da risultare nullo rispetto al pressing dell'Unione europea e della Banca centrale, i cui vertici - al riparo da qualsiasi mandato elettorale - influenzano le decisioni dei governi nazionali. Tanto da deciderne addirittura le sorti, com'è accaduto in Italia, in Grecia e per alcuni versi in Spagna visto che l'autonomia del presidente Rajoy è subordinata alle decisioni dei mercati. Siamo quindi al punto fondamentale. L'unico. Nessuno dei leader in circolazione ha la stoffa per sfidare il nuovo potere, quello invisibile dell'alta finanza. Dal Fiscal compact al fondo salva Stati, decidono loro e così si deve fare. Il centrosinistra da anni è complice dei grandi banchieri e il caso di MontePaschi Siena vale come paradigma del dna piddino. Il giovane Renzi s'è sbracciato per Davide Serra, il finanziere del fondo Algebris; mica per gli operai... Dei candidati alle primarie solo Vendola è l'unico che mette in discussione l'Europa, rimanendo però sospeso nella retorica dell'Europa politica, foglia di fico sempreverde. Dall'altra parte del cielo, il Pdl è europeista a intermittenza e comunque nessuno ha capito cosa cavolo abbia in testa. A cominciare da Berlusconi, il quale si dimise per lo spread. La politica è esposta alle tempeste dello scontento generale ma conta poco o nulla. Chi dà le carte è il potere elitario, invisibile, di chi ha svenduto la sovranità, di chi dà i soldi alle banche consentendo loro di non girarlo per il rilancio dell'economia reale. Vince il potere di chi ha abbassato l'asticella dei diritti dei lavoratori e ha ridotto gli imprenditori a questuanti delle banche. La politica non ha visto il disegno invisibile in corso perché era troppo impegnata ad arraffare soldi per sé e per i propri amichetti. L'Italia è retta da un presidente del Consiglio espressione di questi poteri (per i quali ha offerto profumatissime consulenze). Ha affidato le riforme del lavoro alla Fornero, una maestrina impreparata (sua ammissione) che scappa dalle domande e scappa pure dalle sue stesse parole in libertà. Il governo Monti è infarcito di manager di banca con palesi conflitti d'interesse, uno dei quali è indagato proprio per quell'incarico in Banca Intesa. Ministri che scappano dalle domande e altri che scappano in elicottero perché la rabbia di chi è senza lavoro è rabbia vera e che promuove solidarietà; scappano salvo poi farsi intervistare nei salotti di velluto o farsi fotografare in riviste patinate nella speranza di diventare simpatici. Squallido. Ecco come sono ridotti i nostri politici: camerieri di altri poteri. Camerieri che, finito il turno, litigano per chi debba portarsi a casa gli avanzi della dispensa.  

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