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Rifondiamo l'asse del Nordper salvarci da Vendola

Nichi Vendola

Con il Pd ostaggio di Nichi per i ceti medi si prepara un salasso di tasse. Tornare assieme (seppellendo reciproci rancori) è l'unico modo per sgambettare l'ultra-sinistra

Andrea Tempestini
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  di Franco Bechis La domanda è una sola: volete consegnare il governo dell'Italia alla nuova macchina da guerra della sinistra che avrà come co-pilota Nichi Vendola? Volete un'altra pioggia di tasse sul ceto medio? Volete farvi portare via con la mistica dell'esproprio proletario quel poco di patrimonio che dopo anni di fatica avete messo da parte magari per figli e nipoti? Volete altre tasse sulla casa? Altre tasse sulle imprese considerate nemiche del popolo? Beh, se volete tutto questo ci si può disinteressare di qualsiasi dibattito della politica, di primarie e mal di pancia, di Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Roberto Maroni e compagnia cantante. Questo menù sarà servito in tavola senza trovare resistenze il prossimo mese di marzo. Con la sinistra-sinistra a palazzo Chigi. Se invece ancora vi viene un brivido di fronte a ipotesi così, è meglio prendere sul serio quel che sta accadendo in politica e provare a difendersi con le sole armi che ci sono.  Mi è capitato di dire queste parole venerdì sera in un piccolo comune del bergamasco: Spirano. Sotto il Palaspira, che poi sarebbe un tendone alle porte della cittadina, e di fronte a qualche centinaio di militanti leghisti (molti di loro lettori di Libero, e ci hanno tenuto a farlo sapere), avevo accettato di moderare un dibattito sulla politica di oggi e la febbre del centrodestra fra il pidiellino Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera e il leader lombardo della Lega Nord, Matteo Salvini. Quest'ultimo poi ha dato buca per un attacco improvviso di febbre che saliva di ora in ora. Così lo ha sostituito un ex assessore della Regione, Daniele Belotti. In prima fila ad ascoltare c'erano molti parlamentari della Lega. Anche loro come i militanti hanno vissuto questo annus horribilis del centrodestra italiano. E sono naturalmente un po' diffidenti verso il Pdl, nella ipotesi più blanda all'insegna dello slogan «meglio soli che male accompagnati». Chiaccherando prima e dopo il dibattito con i quadri della Lega ho raccolto molte storie sulle difficoltà di quella compagnia politica che pure fino a qualche settimana fa era stata di una certa solidità almeno in Lombardia. A parte le differenze evidenti di giudizio sul governo di Mario Monti, c'è una infinità di problemi sul territorio. Il più comune viene dall'indubbio sbandamento del Pdl di questi mesi: «Se parli con un loro responsabile», spiegano i leghisti, «non riesci mai a venire a capo di nulla. Ti sembra che una decisione sia presa, e invece ecco spuntarne un altro che la pensa in maniera diversa. Sono inaffidabili. E noi non abbiamo più tempo da perdere». Questo disagio è evidente, come è stata naturale la radicalizzazione della Lega - investita da una tempesta non lieve che ha travolto Umberto Bossi e il cerchio magico - su alcuni cavalli di battaglia classici: federalismo, immigrazione, etc... Anche Roberto Maroni, che pure ha tentato altre strade, sa benissimo che nella base leghista il malcontento è alto. E bisogna fare i conti anche con il clima che questo venerdì echeggiava sotto il palatendone di Spirano, dove ogni tanto come un'onda si alzava l'urlo «secessione, secessione... via la Lombardia dall'Italia».  Tutto vero, eppure quando anche sotto quella tenda è arrivata la domanda «allora volete consegnare l'Italia all'armata di Vendola?», si è fatto silenzio. I due relatori hanno messo da parte le differenze su cui puntavano fino a quel momento, Lupi ha perfino spiegato di essere pentito di avere votato alcuni provvedimenti del governo Monti, riconoscendo gli errori commessi, Belotti ha riconosciuto che fino allo strappo di Gianfranco Fini Lega e Pdl insieme non avevano fatto poche e brutte cose. E alla fine entrambi hanno detto «no. Certo che no. Non vogliamo consegnare l'Italia a Vendola». Potrà dispiacere a Roberto Formigoni in Lombardia (ma in questo momento lui sembra più attento ai Formaglioni e agli Ufo su Parigi che alla politica), potrà creare problemi ad Angelino Alfano che rischia di vincere primarie di serie B dove in palio non c'è proprio nulla. Ma alla fine c'è una sola strada per non consegnare l'Italia a Vendola: che Lega, Pdl e chiunque sia da quelle parti si metta ancora una volta insieme. Non avranno la forza di vincere, ma possono fare perdere la sinistra e già questo non è poco. Come? Non è così difficile da capire. Se si dovesse fare una nuova legge elettorale come quella in discussione il premio di maggioranza sarebbe ridotto, e prima ancora di votare avremmo tutti la certezza che nessuno è in grado di conquistare la maggioranza del Parlamento. Se invece si voterà con l'attuale Porcellum (ed è assai probabile, ormai) alla Camera la sinistra vincerà e otterrà la maggioranza assoluta dei seggi: le basta un voto più di chiunque altro, e lo otterrà. Al Senato però la musica cambia, e di molto. Lì se si mettono insieme Lega e Pdl sono in grado di fare lo sgambetto a Vendola & c. Perchè nonostante tutto quello che è accaduto, insieme sono ancora l'alleanza più robusta che ci sia in Lombardia e Veneto. Questa volta se non si vince in quelle due regioni, nessuno è in grado di avere la maggioranza del Senato. Una coalizione che ottenesse la vittoria in 20 regioni su 20 avrebbe 182 seggi in Senato. Ma di questi 30 sono in Lombardia e 15 in Veneto. Senza quei 45 seggi si scende a 134. Per avere la maggioranza a palazzo Madama ne servono altri 23. Per chi perde in Lombardia e Veneto ce ne sono in tutto 26. Nel 2008 in effetti quei 26 seggi li ha presi tutti la sinistra, unica formazione ad avere superato il quorum dell'8%. Questa volta però la quota sarà superata anche dal Movimento 5 stelle, e all'armata Vendola toccheranno al massimo 15 seggi. Lega e Pdl insieme dunque sono in grado di non consegnare gli italiani all'esproprio proletario. Vale la pena provarci non fosse solo per questo.  

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