L'addio del Cav ad Alfanole primarie fattele tu
di Salvatore Dama Apparentemente si ricompone il rapporto tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. Messo a dura prova, nelle ultime ore, per una diversa visione sull'opportunità di celebrare le primarie per la scelta della premiership del Popolo delle libertà. Il Cavaliere riceve a Palazzo Grazioli il segretario del partito prima che questi partecipi all'assemblea organizzativa con i coordinatori regionali e provinciali del partito. L'ex premier accetta la proposta di Angelino: le primarie saranno anticipate al 16 dicembre. Si svolgeranno in un solo giorno. E non a gennaio come invece aveva consigliato l'uomo di Arcore il giorno prima. Pace fatta. Ma quale pace. Perché quello di Silvio non è un «va bene, facciamo così», ma un «fate come pare a voi». Il fuoco cova sotto la cenere. C'è chi giura che nelle prossime ore Berlusconi possa prendere la più clamorosa delle decisioni: abbandonare il Pdl. E in effetti si sarebbe sfogato in questi termini: «Alfano si è fatto ricattare da quelli lì», gli ex An. «Io non intendo rimanere un minuto in più in un partito in cui comandano loro». Un fungo atomico si starebbe per innalzare sulle primarie azzurre: l'ammutinamento del leader fondatore. Altri invece sostengono che Silvio non ha intenzione di accelerare il corso di scelte che sembrano oramai irreversibili. Cioè la nascita di un nuovo partito tutto suo. Prima vuole vedere se Bersani vince le primarie del Pd e capire se la sentenza Ruby arriverà entro il voto di marzo, poi deciderà sulla sua ri-discesa in campo. Nel frattempo, non essendo riuscito a far saltare le primarie, intende comunque “divertirsi” a rendere meno agevole l'ascesa del giovane erede verso il soglio della premiership. Come? Per esempio, nelle stesse ore in cui dava il contentino ad Angelino, pare che Berlusconi abbia ricevuto Gianpiero Samorì a Palazzo Grazioli. Lecito allora domandarsi: con chi sta Silvio? Con Alfano o con l'outsider delle primarie azzurre. O con l'amazzone Michaela Biancofiore. O con la fedelissima Daniela Santanchè. Domanda pleonastica. Specie se il capo dovesse sul serio andare via. A quel punto tutte le candidature che sono diretta espressione berlusconiana verrebbero ritirate. Per il momento, più che l'addio del Cavaliere, Alfano teme la discesa in campo di Giorgia Meloni. Raccontano che la scelta di accelare i tempi delle primarie per tenerle a dicembre anziché a gennaio, sia stata presa dopo la lettura di un sondaggio interno. Stima che darebbe in forte crescita l'ex ministro della Gioventù, la quale avrebbe ridotto e di molto la forchetta che la separa dal candidato favorito (lei al 28, lui al 32-33). Ed è per fermare la rincorsa della deputata ex An che è stata scelta la data del 16 dicembre. Anche ieri il solito match di sberle tra ex An e ex Forza Italia. Ma pure risse tra berluscones e lotte intestine tra post-missini. Gli scudieri del Cav. si fanno interpreti del pensiero berlusconiano: il partito è in mano ai colonnelli destrorsi. Pure ieri Sandro Bondi ha avuto una brutta parola per tutti: «Le scelte più importanti vengono decise nel Pdl da La Russa e dalla corrente trasversale, di cui fanno parte anche i capigruppo parlamentari del pdl», anche Fabrizio Cicchitto è tacciato di intelligenza col “nemico”. Poi c'è la copiosa e immancabile letteratura fratricida: per Massimo Corsaro la candidatura della Meloni «rischia di marginalizzare le nostre posizioni, rendendole minoritarie in un confronto in cui tutti quelli che non la pensano come noi, anzichè essere condizionati dalla centralità delle nostre idee, assumono il tronfio ruolo di chi le vuole sconfiggere». Secondo l'equazione: se stai contro Alfano, sei con Berlusconi, Bondi e quelli che vogliono far saltare le primarie. Replica di Bondi: «Corsaro meschino e offensivo». E via andare. L'ex ministro della Gioventù minimizza: «Le polemiche degli ex An? Io faccio la mia parte, non capisco il nervosismo». O lo capisce fin troppo bene. Piuttosto la deputata preferisce concentrarsi sul regolamento delle primarie. E sulla norma che dà sì il diritto di voto ai sedicenni, ma dietro il pagamento di un obolo di 12 euro (dieci per l'iscrizione al partito, due votare al seggio). «È ingiusto», tuona la Meloni, «Alfano corregga questa anomalia». Le fa eco la coordinatrice nazionale della Giovane Italia, Annagrazia Calabria che, sempre su Twitter osserva: «Il voto ai sedicenni è stata una vittoria che nemmeno il Pd aveva raggiunto. Però dovranno pagare 12 euro invece di 2. Assurdo».