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Ora Monti ci fa l'elemosina:cinque euro in più al mese

Mario Monti

La legge di stabilità destina appena 1,7 miliardi per 15,3 milioni di lavoratori. Una presa in giro: cari prof, era meglio detassare lo stipendio di dicembre

Andrea Tempestini
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di Antonio Castro Circa 2,3 miliardi di euro. Da spartirsi tra 15,3 milioni di lavoratori dipendenti. È questo il budget massimo - all'interno della Legge di stabilità da 11,6 miliardi - sul quale il governo può trattare con il Parlamento.  Una trattativa che ha molti paletti visto che sono stati depositati “appena” 1.600 emendamenti. La riscrittura  prevede una decisa sterzata a favore dei lavoratori dipendenti (pensionati e autonomi vedranno qualcosa forse nel 2014), con un'attenzione particolare ai carichi familiari. Una restrizione indispensabile della platea dei potenziali beneficiari, anche perché i 2,3 miliardi - ribaditi ieri dal sottosegretario all'Economia Gianfranco Polillo - non sono pienamente disponibili. C'è ancora da trovare i 658 milioni destinati ai disabili gravi (tra i quali i malati gravi di Sla) per il 2013. Considerando che i lavoratori dipendenti in Italia sono oltre 15,3 milioni (ma solo 8 milioni hanno carichi familiari e quindi possono giovarsi di queste detrazioni), dividere una torta di appena 1,7 miliardi rappresenterebbe una beffa. Va detto che l'ipotesi di distribuire 1,7 miliardi in maggiori assegni familiari è la più ottimistica. Al Tesoro manca la copertura a diversi impegni di spesa per far quadrare i conti. A cominciare dagli esodati non protetti che il Parlamento vorrebbe salvaguardare già dal 2013.  Ai primi conteggi spannometrici distribuire queste risorse si trasformerebbe in un'elemosina pari a circa 50/100 euro l'anno. Il che tradotto fa mediamente 5, massimo 8  euro in più al mese, limitando l'intervento alla tipologia di contribuente/lavoratore sotto i 55mila euro lordi (circa 3mila euro netti al mese). Stringendo ancor più i parametri a via XX Settembre stanno lavorando sull'ipotesi di riservare i pochi fondi disponibili solo alle famiglie con figli. Ma cambierebbe di poco la busta paga mensile.  Le molte attese create dall'annunciato  taglio Irpef (abortito per non innalzare l'Iva dal 10 all'11%), rischiano così di restare deluse. Sempre che dal cilindro non salti fuori qualche coniglio dell'ultima ora: tipo un accordo in extremis sulla tassazione dei capitali custoditi in Svizzera, ma sarebbe una misura una tantum. C'è anche chi, alla Ragioneria, ha tirato fuori il faldone dei capitali scudati. Si tratta di ben 183 miliardi complessivamente rientrati (in parte solo virtualmente) pagando una modesta imposta (tra il 5 e il 7%). Lanciare una tassazione aggiuntiva posticipata potrebbe dare respiro a questo scampolo di legislatura, ma aprirebbe un caos politico di inimmaginabile portata. E visto che le buone notizie non arrivano mai da sole, la Cgia di Mestre ha scovato un'altra fregatura in arrivo con le tanto attese tredicesime. Sotto l'albero, chi ha un reddito dipendente, troverà che l'indennità natalizia è stata rosicchiata dall'inflazione. In soldoni un operaio specializzato (reddito lordo annuo di 20.600 euro), si troverà a dicembre 21 euro in meno, mentre un impiegato (imponibile Irpef annuo  25.100 euro), perderà 24 euro. Andrà ancora peggio ad un capo ufficio, con un reddito lordo annuo di quasi 49.500 euro, che percepirà una tredicesima sgonfiata di 46 euro. E così l'associazione guidata da Giuseppe Bortolussi rilancia al governo la proposta «di detassare una quota parte della tredicesima». Un taglio del 30% dell'Irpef potrebbe costare alle casse dello Stato tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro».  Ma almeno lascerebbe nelle tasche di un operaio 115 euro in più, 130 euro in quelle di un impiegato e oltre 315 euro in quelle di un capo ufficio. L'ipotesi di evitare l'elemosina spalmata per tutto il 2013 e destinare invece le risorse per rendere un po' più ricca la mensilità di Natale potrebbe essere limitata ai redditi sotto i 35mila euro. Sempre che non scoppi qualche altra emergenza, come il posticipo delle imposte per i lavoratori delle aree terremotate dell'Emilia Romagna. Un emendamento, passato con il voto contrario del governo,  ha rinviato i pagamenti al giugno 2013. Peccato che servano 140 milioni. E non ci sono. 

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