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Le province dal 2014 saranno 51 ma i risparmi restano virtuali

P&G Infograph

Accorpati 35 Enti locali, azzerate le giunte e le amministrazioni. Ma i tagli a personale e palazzi sono troppo pochi

Giulio Bucchi
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  di Sandro Iacometti Il governo parla di intervento di «portata strutturale e ordinamentale ispirato ai modelli europei». Ma sono in molti a scommettere che si tratta dell'ennesima riforma all'italiana. Frettolosa e pasticciata. Dopo tanti annunci l'esecutivo ha finalmente messo nero su bianco il riordino delle province. Il numero degli enti passa da 86 a 51, comprese le 10 città metropolitane. Ma dagli accorpamenti forzati si salvano sia Sondrio e Belluno, che pur non rientrando nei paletti fissati dal governo (almeno 350mila abitanti e 2500 kmq di estensione), strappano una deroga legata al territorio al 100% montano, sia Arezzo, che è uscita dall'elenco dopo una battaglia di cifre sul numero degli abitanti. Restano, invece, totalmente fuori dalla riforma le Regioni a statuto speciale. (...) Quanto ai risparmi, che dovrebbero essere la priorità di un intervento nato nell'ambito della spending review, il governo alza le mani. Il riordino delle Province, ha spiegato il ministro, «è il primo tassello di una riforma più ampia che prevede la riorganizzazione degli uffici territoriali di governo (prefetture, questure, motorizzazione civile etc etc) in base al nuovo assetto. Dunque anche gli altri uffici su base provinciale saranno di fatto dimezzati. Al termine di questo processo sarà possibile calcolare gli effettivi risparmi che comporterà l'intera riforma». Leggi l'articolo integrale di Sandro Iacometti su Libero in edicola oggi, giovedì 1 novembre    

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