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L'astensionismo in Siciliaè la fine del voto di scambio

Più di metà degli isolani non sono andati alle urne. Perchè, per la prima volta, i politici non avevano nulla da offrirgli

Matteo Legnani
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Loro hanno fatto la cosa più semplice del mondo: non sono andati a votare. Più di un siciliano su due ha detto nell'unico modo che era possibile che non gliene fregava nulla della corsa verso palazzo dei Normanni. Naturalmente quando milioni di elettori scelgono tutti insieme di non scegliere, i motivi possono essere tanti. Per nulla sorprendenti però in una situazione come quella siciliana. Da anni si racconta e si testimonia quella Regione come simbolo della politica clientelare, patria del voto di scambio. È una condizione che accomuna la Sicilia a molte altre ampie zone del centro Sud. E che ha prodotto guasti enormi alle finanze pubbliche: infinite campagne elettorali sono state pagate in posti di lavoro che hanno gonfiato gli organici della pubblica amministrazione, in finanziamenti che in sostanza erano solo regalie, in raccomandazioni, in pagamenti vari alle clientele che hanno permesso di essere eletti. Il voto si chiama di scambio perché viene dato per ricevere qualcosa. E cosa offrivano oggi i candidati alla presidenza della Regione Sicilia? Nulla. Per la prima volta proprio nulla. Leggi l'articolo integrale di Franco Bechis su Libero in edicola oggi 1 novembre

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