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Storace assolto dopo sette anni "Non ha spiato Mussolini"

La sentenza della Corte d'Appello di Roma: è la fine di un incubo, mi hanno tolto tutto ma non la dignità

Lucia Esposito
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  di Roberta Catania Il Laziogate non è mai esistito. Lo ha stabilito ieri la Corte d'Appello della Capitale, assolvendo l'ex presidente della Regione Lazio Francesco Storace e altri sei imputati nel processo su un «accesso abusivo al sistema informatico» del comune di Roma che, secondo l'accusa, nel 2005 servì per spiare Alessandra Mussolini, candidata governatore con il movimento  Alternativa Sociale alle elezioni regionali.  «E' la fine di un incubo», commenta a caldo Storace, oggi leader de La Destra. «All'epoca ci persi le elezioni regionali», quindici giorni dopo lo scoppio dello scandalo, «e mi costò anche il ministero della Sanità». Ma «la cosa che più mi fa riflettere», prosegue, «è che sette anni dopo arriva un giudice che dice che il “fatto non sussiste”». «In questo lungo calvario», conclude Storace, «Mi hanno tolto tutto, ma non la dignità».  Il processo di primo grado si era  concluso con delle condanne. A un anno e sei mesi per l'ex governatore e a due anni per il suo portavoce di allora, Niccolò Accame, anch'egli assolto con formula piena. I giudici presieduti da Eugenio Mauro hanno assolto anche Mirko Maceri, ex direttore di Laziomatica, l'avvocato Romolo Reboa, il quale nel 2005 presentò l'esposto contro Alternativa Sociale, e Nicola Santoro, figlio del magistrato della commissione elettorale (presso la Corte d'Appello di Roma), che escluse il movimento della Mussolini dalle elezioni. Tutti erano stati condannati in primo grado a un anno di carcere. Infine la Corte ha fatto cadere le contestazioni per il vicepresidente del consiglio comunale dell'epoca, Vincenzo Piso, ora coordinatore regionale del Pdl, per il quale già il pm in primo grado aveva chiesto l'assoluzione. Confermata l'assoluzione anche per Daniele Caliciotti, ex dipendente di Laziomatica, già dichiarato innocente in primo grado, sentenza contro cui la procura non era corsa in appello. Solo Tiziana Perreca, ex collaboratrice dello staff di Storace, ieri è stata condannata. I giudici le hanno dato sei mesi per favoreggiamento. «Bastava leggere con obiettività e senza pregiudizi il verbale del principale accusatore per comprendere che Storace era estraneo a qualsivoglia operazione riguardante l'acquisizione dei dati anagrafici, che peraltro la Corte d'Appello ha stabilito essere consentita», ha spiegato il difensore del leader de La Destra, l'avvocato Giosuè Bruno Naso. «Francesco ha vissuto sette anni, difendendosi durante tutto il processo, senza rinunciare al proprio impegno politico, portato avanti con la passione e la determinazione di sempre. A lui   vanno le nostre congratulazioni», commenta la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini.  

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