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Renzi scatenato contro tutti: "Voglio vedere i conti del Pd"

Roberto Procaccini
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  L'ultimo campo di battaglia è su numeri e trasparenza: conti, spese e budget, la sfida è a chi mette per primo tuto sul web. I caduti eccellenti sono già due e mezzo: Walter Veltroni, Pierluigi Castagnetti e, con distinguo, Massimo D'Alema. Nel mirino ci sono nomi eccellenti. Coinvolti nella lotta: praticamente tutti, ma le linee nemiche cominciano a staglairsi più nette. L'avvicinamento del Partito Democratico alle primarie prosegue a ritmo di guerra. Il rottamatore - Matteo Renzi attacca su un duplice fronte: con interviste a Panorama e Repubblica e con una cena di reperimento fondi a Milano. Il sindaco di Firenze solleva il problema dei conti: "E' disponibile il Pd - chiede - a mettere online le fatture degli ultimi tre anni dei suoi dirigenti? Pierluigi e Nichi Vendola dimostrino di essere diversi da Fiorito". Riunito  con esponenti della finanza e dell'impresa all'hotel extralusso Four Season di Milano (il consulente di Renzi è Davide Serra dell'hedge found Algebris, considerato il rottamatore della borsa), Matteo respinge le insinuazioni di chi vuole che la sua sia la candidatura delle lobby che vogliono spaccare il partito. "Altro che due milioni di costi - dice - in tutto spenderò 250mila euro. Anzi, seppure perdessi non ho intenzione di uscire dal Pd". E, soprattutto, Renzi ricorda la sua black list di matuzalem democratici da abbattere. Incassato il passo indietro (parziale) del leader Massimo, il sindaco di Firenze ribadisce: "Non è che mandiamo via D'Alema e ci teniamo Beppe Fioroni. Per me il loro è un addio anche al governo; se vinco io - puntualizza - è chiaro che non li nominerò". Rosy Bindi, Livia Turco & co sono avvisati. Anche se sbologna la parola rottamazione, Matteo non cambia l'obiettivo di rinnovamento: "C'è stata una fase in cui l'ha fatto la magistratura, poi i tecnici e gente come Grillo". Ora la vuole fare lui. Pierluigi e Massimo - Non è che D'Alema si sia fatto proprio da parte. Più che altro si è scansato per non generare confusione nella base. La sua posizione rischiava di indebolire la candidatura di Bersani a tutto vantaggio del rottamatore fiorentino, e così il suo ritiro assume un valore strategico neanche tanto velato. "Se vince Bersani non mi ricandido - dice D'Alema ai microfoni di Otto e mezzo - ma se vince Renzi ci sarà scontro". Il presidente del Copasir ci stava già pensando da sè al ritiro, racconta, ma il clima di "caccia all'uomo" (come lo ha definito) che ha convinto Veltroni a defilarsi, ha fatto invece scattare il suo orgoglio. "Abbiamo caratteri diversi - commenta - lui ha scelto di tirarsi fuori e di dichiararsi neutrale, io combatto per Bersani". Più chiaro di così, non poteva. Sfida tra contabili - Ma per un giorno, dopo la provocazione di Renzi sulla trasparenza nelle spese, a conquistare la scena non è più l'ufficio anagrafe, ma quello ragioneria. "Metteremo online tutto", ha risposto Bersani. Più piccato è Antonio Misiani, tesoriere del Pd: "Se Renzi andasse a vedere la sezione trasparenza del nostro sito, scoprirebbe che i conti del partito sono da sempre certificati e pubblicati". Poi la stoccata: "Il Pd ha regole severe sulle spese di rappresentanza - dice -: da noi nessuno viaggia in jaguar, non andiamo a cena al Four Season, non si vola in jet privato". Neanche dagli ambienti di Sel non fanno cadere la questione. Nicola Fratoianni, coordinatore del comitato di Nichi (pure tirato in ballo da Renzi) risponde per le rime: "Matteo stia tranquillo. Le nostre spese saranno tutte online e verificabili. Tanto la nostra campagna costa un quinto della sua".  

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