Il piano B di Berlusconise i "moderati" dicono no
Si tratta da giorni con i vertici dell'Udc. Il Cavaliere: se rifiutano farò di testa mia
Barbara Romano «Il re ora è nudo». Era questo che voleva Silvio Berlusconi, stanare Casini & co. Far scendere i centristi dalla turris eburnea dello scetticismo e del rifiuto verso il Cavaliere per metterli davanti alle loro responsabilità. Non certo annunciare il suo addio alla politica. Tutt'altro. «Volevano la mia testa sul piatto d'argento? Eccola. Ora non hanno più alibi. Se manderanno a monte la ricostruzione del polo moderato e se Bersani e Vendola vinceranno le elezioni, se ne assumeranno tutta la responsabilità». È questo il ragionamento che il leader del Pdl ha fatto a tutti quelli che gli hanno telefonato allarmati dopo l'annuncio che non si ricandiderà, fatto da Angelino Alfano, lunedì, al Tempio di Adriano, dove il segretario del Pdl ha offerto al capo dell'Udc la premiership del centrodestra. Il Cav è rimasto molto sorpreso dalla reazione che hanno avuto tutti, giornali compresi, perché alla base di questo tam tam, secondo lui, c'è una non notizia. «Ragazzi, è da almeno due mesi che dico che sono disposto a fare un passo indietro se viene fuori uno più capace di me di riaggregare il centrodestra, ed è dal '94 che punto a mettere insieme tutti quelli che non vogliono la sinistra al potere. Qual è la novità?». La notizia, insomma, per Berlusconi risale a un ventennio fa. È il suo pallino di sempre che rimbalza nelle parole pronunciate dal suo segretario di partito alla presentazione del libro di Ferdinando Adornato: costituire la grande famiglia politica dei moderati da contrapporre alla gioiosa macchina da guerra comunista. Nessun tradimento del delfino, che avrebbe venduto al nemico la pelle del padre mentre era oltreconfine, a festeggiare i sessant'anni dell'amico Putin. Ogni singola parola pronunciata da Alfano è stata concordata con il Cav. E la kermesse a piazza di Pietra è stata preceduta dall'opera di tessitura degli sherpa del Pdl e dell'Udc che hanno messo le rispettive diplomazie al lavoro per costruire il terreno di un'intesa. Anche se in entrambi gli schieramenti quasi tutti la vedono lontana. Berlusconi, invece, ci spera. La sua disponibilità a fare un passo indietro è sincera. Ma l'obiettivo dell'ex premier è soprattutto scoprire le carte dei suoi avversari di centro. Casini, certo, ma anche i Passera, i Montezemolo, i Della Valle e tutti i papabili candidati premier del centrodestra, con i quali è in corso una trattativa serratissima in questi giorni. Offrendo il suo scettro, Berlusconi ha voluto metterli alla prova per capire se è pretestuosa o no la loro pregiudiziale sulla sua persona. «Il che», ha commentato il Cav con un suo deputato tra i più assidui a palazzo Grazioli, «la dice lunga sul senso di sovranità popolare e di democrazia che ha Casini». Passata la palla ai big di centro, il Cav ora sta alla finestra ad aspettare la loro prossima mossa. Qualunque essa sia, per lui andrà bene. Se Pier accetterà, andrà in porto il progetto al quale Berlusconi lavora dalla fondazione di Forza Italia fino al Pdl, passando per la Casa delle libertà. Se una novità c'è, semmai è questa: per la prima volta Berlusconi è disposto a concepire una colazione di moderati di cui non deve essere per forza lui il federatore. Se, invece, i centristi risponderanno picche all'appello lanciato dall'ex premier via Alfano, s'intesteranno il fallimento del progetto di un Ppe italiano pur avendolo decantato per anni. Ma anche, cosa ben più grave, la vittoria di Bersani e Vendola. «Io ho dedicato una vita a scongiurare questo scenario, ho fatto qualunque cosa. E ora sono disposto anche a consegnare la mia leadership ad altri. Se rifiuteranno», è la chiosa del Cav, «a quel punto farò di testa mia». Cioè, si candiderà per la sesta volta a Palazzo Chigi.