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Renzi affonda Bersani: "Nel Lazio Pd come Fiorito"

Giulio Bucchi
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Il Pd nel Lazio è come Fiorito. Questo il messaggio con cui si chiude, polemicamente, il comizio di Matteo Renzi a Coiano, Prato. Non avrà rotto con Pierluigi Bersani ("Se perdiamo non fondiamo un altro partito"), ma qualche granata all'intellighenzia del Pd il sindaco rottamatore l'ha tirata. Arriva col suo camper nella cittadina vicino alla sua Firenze all'indomani dell'annunciato cambio di regole. "Diremo no a chi vuole fare giochini", anticipava bellicoso via Twitter. E dal palco della casa del popolo locale ("Il sindaco me l'ha concessa anche se voterà per Bersani, io gli dico grazie"), il "giovane per professione" Renzi parte sornione, tra battute alla Benigni, siparietti con gli spettatori, maniche di camicia arrotolate all'avambraccio, jeans e microfono in mano, da intrattenitore. Si parla di anziani, rottamazione, classe politica da mandare in pensione: "Questa classe dirigente ha già dato, ora tocca a una nuova generazione. Chi ci ha portato fino a qui non è colpevole di tutto, ma non può portarci fuori". E ancora: "Chi è stato 15 anni in parlamento si faccia da parte. La politica chiede sacrifici ma non è capace di farne. Prendete le pensioni. Si aboliscano i vitalizi che hanno consiglieri regionali e parlamentari!". Nodo primarie - Ma tutti, proprio tutti, aspettano la risposta polemica alla strategia di Bersani per evitare che "le truppe cammellate" dei Batman di turno, formule usate dalla sinistra anti Renzi, corrano alle primarie a votare per il rottamatore. Bisogna allungare la burocrazia, rendere la vita difficile a chi, lontano dal partito democratico, sente la voglia di provare a cambiarlo per riconoscervisi un po' di più. E allora largo al doppio turno e al registro dei "sostenitori del centrosinistra", un albo che potrebbe non piacere a chi è sì disposto a votare Renzi, ma è estraneo al Pd. "Non capisco perché da quando ci siamo noi si sono scatenate tutte le polemiche. Noi siamo qui a viso aperto, senza accoltellare nessuno". Innanzitutto, spiega che lui a differenza di quanto accaduto ai tempi di Prodi e Veltroni se perderà le primarie non andrà in parlamento: "Continuerò a fare il sindaco e ad aiutare Bersani e il partito, ma non mi andrò a guadagnare una poltrona a Roma". Sul registro sfida: "Noi non abbiamo paura di pubblicare gli elenchi, pubblichiamo già i nomi di chi ci dà i soldi per la campagna elettorale". "Il 70% del finanziamento - continua - arriva da persone che danno meno di 10  euro. E' bello vedere tutti questi dati pubblicati in modo trasparente". Pd come Batman - Ma proprio a Batman e affini è affidato il gran finale: "Il Pd è giustamente scandalizzato con Fiorito e il Pdl nel Lazio, che si è aumentato i fondi ai gruppi consiliari da solo. Bene, si ricordino però che insieme a Fiorito c'era anche il capogruppo del partito democratico, anche lui ha firmato. Perché non cacciamo anche lui?". "Cambiano le regole - ha concluso - perché hanno paura. E come può chi ha paura di me, Matteo Renzi, pretendere di governare l'Italia?". Parole durissime, una sfida vera ai vertici del partito che Bersani questa volta non potrà affrontare semplicemente cambiando le regole dello scontro.  

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