Maroni, occhiolino al Cav: "Se torna a pensare al Nord la Lega può stare col Pdl"
Bobo avverte gli azzurri: "Se ci vogliono sfidare perderanno, ma se sposano la questione settentrionale..."
di Antonio Spampinato Scommessa vinta: Roberto Maroni è riuscito ad aprire un dialogo con il tessuto produttivo del Nord. Non era scontato. Da neosegretario della Lega, armato di ramazza - l'ampolla sarà stata pure archiviata ma il dialogo con la base usando comunque simboli tangibili resta nel Dna del partito - si era subito concentrato in quella che lui stesso aveva definito la «fase uno»: la pulizia interna dopo gli scandali che avevano colpito la dirigenza. «Nella scelta dei futuri dirigenti» dice il segretario a Libero «guardo le capacità e la militanza nel partito. “Maroniani” o meno, coloro che ritengo bravi, vanno avanti». La fase due prevede invece la riconquista dei consensi perduti. Maroni vuole allacciare i rapporti con quelle piccole e medie imprese ben radicate nel territorio che restano, nonostante la crisi, la vera forza del Nord. Ma il dialogo con gli imprenditori era stato finora troppo delegato a un altro partito politico ex alleato di ferro a livello nazionale (a livello locale l'intesa resiste), il Pdl, ora impegnato a sostenere il governo Monti che per la Lega resta il nemico da abbattere. Ascoltando nei corridoi i commenti degli imprenditori accorsi in massa agli Stati generali del Nord di Torino, primo evento del genere organizzato dalla Lega, si percepisce un'apertura di credito nei confronti di un partito che vuole farsi garante anche dei loro desiderata. Segretario, per la Lega l'evento del Lingotto è un importante passo avanti verso una nuova dimensione che, se raggiunta, può portare il partito a rappresentare anche le esigenze delle imprese radicate nella parte più ricca del Paese. Ma non crede in questo modo di pestare i piedi ai suoi ex alleati di governo? "L'obiettivo della Lega è quello di realizzare il federalismo. Nei nostri vent'anni di storia abbiamo attraversato diverse fasi, non ultima quella di cercare di costruire da Roma questa riorganizzazione dello Stato che, voglio ricordarlo, è il futuro non solo per l'Italia ma per tutti i Paesi europei. Siamo riusciti a fare alcuni passi avanti ma ne restano da fare ancora molti: il lavoro non è finito. Io sono deciso a raggiungere l'obiettivo, e per farlo, la Lega deve diventare, entro le regionali del 2015, il maggiore partito del Nord. E gli imprenditori devono trovare nella Lega un interlocutore credibile. E lo troveranno". La Lega inizia a dialogare con le piccole e medie imprese padane mentre il Pdl, come ha detto l'ex ministro Gelmini in un'intervista rilasciata ieri al Corriere, deve «ripartire dal Nord». State aggredendo uno il «tesoretto» elettorale dell'altro. Dove può arrivare questa sfida? "Magari a una nuova alleanza. Mi spiego. Se il Pdl pensa a un'offensiva politica nella nostra terra, li do per perdenti. Noi al Nord ce l'abbiamo più duro di loro... Siamo in grado di alzare l'asticella ben più in alto di quanto il Pdl possa riuscire a fare. Un esempio: tra le proposte che abbiamo raccolto ieri dagli imprenditori e fatte nostre c'è quella di lasciare alle singole Regioni il 75% delle tasse pagate entro il loro confini contro il 35% di oggi. Il Pdl, che prende molti voti al Sud, è in grado da solo di portare avanti questo progetto? E poi, altra proposta delle imprese padane diventata nostra: aboliamo i sussidi a fondo perduto alle aziende e i 30 miliardi risparmiati vengano utilizzati per abbassare tasse e debito. Chi glielo spiega alle aziende decotte che vivono di sussidi, e che hanno sede non certo al Nord, che devono andare avanti con le loro forze? Il Pdl?". È lotta all'ultimo voto? «Ora, io trovo che la competizione faccia solo bene e quindi ben venga il partito di Alfano nelle nostre roccaforti a cercare consensi...». Ma…? «Ma ci troverà vicini solo se sposa la questione settentrionale. O se lascia a noi questo compito, che sappiamo fare meglio di loro». Non trova che l'orizzonte delle regionali 2015 sia un po' troppo lontano? Le elezioni sono dietro l'angolo. «Tutto è possibile. E lo dico per esperienza. Ho vissuto sulla mia pelle accelerazioni impressionanti. Da ministro a baluardo dell'opposizione; stavo quasi per essere espulso dal partito del quale oggi sono segretario. E nel giro di pochi mesi. Se c'è la volontà, tutto si può fare. Unica condizione: prima il Nord. Anzi due: il Pdl tolga il suo sostegno al governo Monti». Quale può essere la strada da seguire per una Lega nuovamente di governo? Nazionale, intendiamo… «Mi chiedo: per portare a termine i nostri obiettivi è meglio tornare a Roma a braccetto con partiti più grandi di noi oppure diventare prima il primo partito del Nord e poi dettare le nostre condizioni a Roma? Credo che per la Lega la seconda strada sia oggi la migliore. Ma voglio che al partito rimangano aperte tutte le strade, d'altronde non sappiamo ancora con quale legge elettorale andremo a votare…». Avrà pure un progetto da proporre… «Ho in mente il modello Verona. Lì il sindaco leghista Tosi governa con il 57% e la Lega ha l'11%. Possiamo seguire questa strada, trovare alleanze per sostenere un uomo credibile, bravo, onesto e capace di creare consensi». Vuole un candidato premier leghista? «Voglio una nuova generazione di dirigenti. E questo deve valere per tutti. Io ho già detto che il mio orizzonte temporale da segretario del partito arriva alle regionali del 2015. Alfano riformi anche il suo, poi parliamo di alleanze. D'altra parte se Renzi dovesse vincere le primarie del Pd, cambierà tutto lo scenario…». Non mi dica che strizza l'occhio anche a sinistra… «Non scherziamo… Se Renzi diventerà segretario, il Pdl sarà costretto a rivedere tutta la sua organizzazione. Ed è bene che si sbrighi a farlo».