Cerca
Cerca
+

La grande paura del Cav: "Casini va con il Pd"

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

di Barbara Romano Ritorno al futuro per Silvio Berlusconi. L'ex premier riscende in pista, o meglio, sulle rotaie, «con lo spirito del '94 per cambiare l'Italia». Con il Frecciarossa che lo porta da Milano Centrale a Roma Termini, dove il Cav si butta nel primo bagno di folla della sua campagna elettorale riconnettendosi con la pancia del Paese. Il Pdl vive lo sconquasso più rovinoso della sua storia, dal Lazio alla Lombardia passando per la Campania, ma Berlusconi è oltre.  Le dimissioni di Renata Polverini dalla presidenza della Regione Lazio sono ancora fresche d'inchiostro, però il Cavaliere ha già archiviato la pratica più scottante dell'anno per buttarsi a capofitto nella costruzione del nuovo soggetto politico con il quale si lancerà, forse in prima persona, nell'agone delle elezioni politiche. Perché per il lui il Pdl già non esiste più. Complice la chiusura temporanea dell'aeroporto di Ciampino, ieri l'ex premier è arrivato a Roma in treno. E quando ha ricevuto la presidente dimissionaria a palazzo Grazioli per un tête-à-tête di una ventina di minuti, non ha neanche provato a convincerla a ricandidarsi alle prossime Regionali: ipotesi esclusa in modo tetragono dalla Polverini alle telecamere di Skytg24.  Mosse al centro Quando lei ha varcato la soglia della residenza romana del Cav, i due si sono stretti in un abbraccio. Berlusconi, che aveva tentato fino all'ultimo di convincerla a restare in sella, le ha espresso tutta la sua solidarietà. «Renata, facciamocene una ragione, al punto in cui eravamo arrivati non potevi fare diversamente», l'ha consolata il capo del Pdl. Certo, lui aveva un altro progetto in mente. Avrebbe preferito che «Renata» facesse varare i tagli annunciati in Consiglio prima di dimettersi. Ma tant'è. E la brutta fine che ha fatto il Pdl nel Lazio riduce quasi a zero il potere contrattuale di Berlusconi sul ddl anticorruzione, che ora rischia di passare con voto di fiducia nella versione approvata alla Camera, come vuole il Pd. Dopo le parole dolci e le pacche sulle spalle, Berlusconi ha chiesto alla Polverini di raccontargli tutto ciò che lei ha annunciato di rivelare su «chi è passato per questa Regione» e pensava di poterle «fare la morale». Nella bilaterale c'è stato anche un passaggio su Casini e sulla scelta del leader dell'Udc di abbandonare la governatrice al suo destino. Berlusconi si è detto «non stupito della mossa di Pier», accusandolo di essere «in combutta col nemico» in vista delle prossime Regionali. «Non mi meraviglierebbe se nel Lazio venisse fuori lo schema Sicilia», ha pronosticato alla Polverini. La quale, invece, ha difeso a spada tratta l'Udc. O meglio, i consiglieri centristi alla Regione: «Sono stati di una lealtà esemplare», ha assicurato lei, «a differenza di quelli del Pdl».  È la chiosa al vetriolo con la quale la Polverini ha impallinato il Pdl laziale. L'ex governatrice si è molto lamentata con Berlusconi del partito, dal quale si è sentita pugnalata alle spalle in Consiglio regionale e abbandonata a livello nazionale, accusando Alfano & c. di non aver preso una decisione tempestiva tagliando subito le teste di Franco Fiorito e Francesco Battistoni, lasciando che la situazione si incancrenisse fino a rendere inevitabili le sue dimissioni.  «Sarebbe stato meglio se mi fossi dimessa una settimana fa», ha protestato, «così oltre alla Regione ho perso anche la faccia. Ma non solo io», ha detto a muso duro a Berlusconi. Per alleggerire il clima, lui ha dirottato la conversazione sulle elezioni regionali. I due hanno iniziato a sfogliare la rosa dei nomi. Tra i papabili sono stati fatti i nomi di Silvia Todini, membro del Cda Rai in quota Pdl, e dell'ex ministra Giorgia Meloni.  Spending review Parallelamente si svolgeva il vertice tra il segretario del Pdl, i coordinatori regionali e i loro vice, a via dell'Umiltà, alla presenza dei capigruppo alla Camera e al Senato. Alfano ha dettato le nuove regole all'insegna dell'austerity e della trasparenza. «Da oggi i nostri gruppi avranno i conti certificati da società esterne», ha annunciato sulla scia di quanto appena detto da Berlusconi («abrogare il finanziamento pubblico dei partiti»). Poi ha posto in cima alle priorità la spending review dei costi delle Regioni, che i consiglieri devono impegnarsi ad attuare sia dalla maggioranza sia dall'opposizione. E ha annunciato che proporrà «un'assemblea straordinaria di “rinascimento azzurro” con poteri esecutivi per decidere i criteri di selezione dei candidati, le sanzioni nei confronti di chi non rispetta le regole, norme per evitare nuovi casi Fiorito». Ma la riunione di partito ieri è stata anche un processo ad «Angelino», accusato dai dirigenti del Pdl non essere riuscito a realizzare quel «partito degli onesti» che aveva promesso. «Alfano ha peccato di coraggio», lo accusa off the record uno dei coordinatori presenti alla riunione, «l'1 luglio, quando Berlusconi ha messo il partito in mano al suo braccio destro perché facesse la clava, lui non ha saputo dire “adesso comando io”. E ora si vedono i risultati».      

Dai blog