Legge elettorale, c'è l'accordo: partiti salvi, italiani in mutande
Intesa tra Pdl e Pd: elezione al 50% in collegi larghi e al 50% con un listino bloccato proporzionale sul modello del Porcellum. Giacalone: così non va
di Davide Giacalone Non solo non si è votato quando si sarebbe dovuto (nel 2009 prima e nel 2011 dopo), ma si comincia a teorizzare che è inutile e che non vincerà nessuno, declassando la democrazia a ginnastica elettorale, senza riflessi sulle scelte. Al tempo stesso, quale conseguenza, ma anche come possibile rimedio, si anticipa il risultato della prossima legislatura, stabilendo fin da ora che a governare sarà una grande coalizione. Infine, quale ciliegina sulla torta, si lavora a un nuovo sistema elettorale che renda possibile tutto ciò. E questa è la strada sbagliata per arrivare nel posto sbagliato, mentre se ne potrebbe imboccare una meno disdicevole, magari puntano proprio a una legislatura (auspicabilmente la prossima) che ponga fine alla rissosità insulsa e apra la via alla terza Repubblica. Non mi disturba che si discuta di grande coalizione. Anzi, è auspicabile, ma a patto che nasca per centrare bersagli precisi, non perché si è fatto mille volte cilecca, fino ad avere finito le cartucce. Dire: votiamo, così non vince nessuno, e poi facciamo la grande e santa alleanza è un insulto alla ragionevolezza e alla democrazia. Procedendo in questa direzione si finirà con il sicilianizzare l'Italia, cristallizzando gruppi politici il cui genoma comune è quello della continuità nella gestione di un potere impotente, nel miscelarsi d'arroganza e insipienza. Guardate quel che capita nell'isola e prendete nota di cosa non fare. Diverso, invece, se si dicesse: l'Italia ha bisogno di riforme costituzionali profonde, che rendano capace chi governa di attuare quelle politiche che erano state proposte agli elettori, raccogliendone la maggioranza dei consensi. Sappiamo esattamente cosa si deve fare, ma non sappiamo come, perché la rissosità del bipolarismo fasullo, accompagnata dalla litigiosità nei due poli disomogenei, avvelena le acque e induce all'immobilismo chiassoso. L'alternativa c'è: chiamare le forze ancora irrorate da qualche goccia di razionalità ad annunciare la convergenza (su quei temi) fin da ora, impegnandosi, subito, per la prossima legislatura. Nel frattempo il governo sarebbe incaricato di procedere oltre nel risanamento dei conti, con tagli progressivi e riqualificazione della spesa, e nel fronteggiare il debito, mediante dismissioni di patrimonio pubblico. Per un tempo di mezzo, da far durare un anno, non si procederebbe alle scelte che impegnano il futuro: non si aumenta la pressione fiscale, la si diminuisce quanto possibile, ma si rinvia la riforma della fiscalità; si cerca l'efficienza e il risparmio nel welfare, ma non si punta alla sua riforma radicale; si cerca di mettere ordine nel lavoro dei tribunali, rinviando la riforma della giustizia; si porta razionalità nell'amministrazione della scuola, ma si pospongono questioni dirimenti e di principio, come il valore legale del titolo di studio, e così via. In altre parole: si lavora, tutti assieme quelli che non hanno portato il cervello all'ammasso della propaganda, alle regole, in modo da tornare presto alle urne e ascoltare gli elettori nelle scelte politiche. Che necessariamente comportano scelte degli interessi da difendere o penalizzare. Scelte necessariamente politiche e di parte. Va in tale senso l'accordo sul nuovo sistema elettorale? Staremo a vedere quali ne saranno i reali contenuti, ma la pessima impressione, a oggi, è che si lavori attorno ad un meccanismo che serva a propiziare la sopravvivenza delle forze politiche maggiori, nonché quella delle Lega. La salvezza per quanti hanno fallito. Ove l'impossibilità che qualcuno prenda la maggioranza assoluta degli eletti, in ambo e Aule, è vista come un'opportunità positiva, non come una debolezza politica. Se si procede usando tale bussola non importa dove si arriva, sarà il posto sbagliato. L'alibi che molti si danno è che tutto sarebbe inutile e, al tempo stesso, ineluttabile. Non è vero. Le alternative esistono e l'Italia ha ancora tessuto produttivo e civile con cui cucire la rinascita economica e democratica. Ma non deve essere ulteriormente strappato, se non si vuol restare con le pudenda al vento. www.davidegiacalone.it