Lombardo molla l'ossoma si prende 240 milioni
Il governatore ha confermato le dimissioni per il 31 luglio, ma incassa i fondi per la sanità. L'isola andrà al voto il prossimo ottobre
di Tommaso Montesano Quando esce da Palazzo Chigi, dopo oltre un'ora di colloquio con Mario Monti, Raffaele Lombardo gonfia il petto: «L'incontro è andato bene. Come noi sostenevamo, quella sul default della Sicilia era una grande balla». Una balla come quella del commissariamento della Regione di cui è presidente. «Ipotesi che non è mai esistita», assicura. Eppure il commissariamento, di fatto, è stato sancito proprio ieri nel corso dell'incontro chiesto e ottenuto dal governatore siciliano dopo la lettera dei giorni scorsi con la quale Monti esprimeva «viva preoccupazione», in tempi di spending review, sulla stabilità finanziaria della Regione. Un grido di allarme, però, che non ha impedito alla Sicilia di incassare, dopo i 400 milioni dello scorso 18 luglio, altri 240 milioni di euro per la sanità. E in vista c'è anche una « forte accelerazione all'impiego dei fondi strutturali». SICILIA SOTTO TUTELA Il “commissariamento” è messo nero su bianco nel comunicato con il quale Palazzo Chigi, alla fine del vertice, annuncia che «nelle prossime settimane» sarà redatto «un piano di rientro finanziario e di riorganizzazione della pubblica amministrazione regionale». Un programma «vincolante negli obiettivi e nei tempi» che sarà «costantemente monitorato dalle strutture tecniche del governo nazionale, alla cui realizzazione saranno subordinati i trasferimenti nazionali nel quadro realizzativo del federalismo fiscale». Insomma, o a Palermo faranno sul serio, o stavolta i rubinetti si chiudono davvero. Almeno sulla carta. Nel frattempo, il flusso di denaro verso Palermo non si ferma. «Oggi (ieri, ndr) lo Stato ci ha sbloccato 240 milioni per la sanità. A prescindere dai 400 di cui si è parlato nei giorni scorsi», spiega Lombardo dopo il faccia a faccia con il governo. Oltre a Monti, infatti, dall'altra parte del tavolo c'erano Vittorio Grilli, ministro dell'Economia, Piero Gnudi, ministro per gli Affari regionali, e Fabrizio Barca, numero uno della Coesione territoriale. Saranno loro a vigilare sul rispetto dei patti da parte di Lombardo. Monti, pur lodando «la riduzione dell'organico del personale regionale, dei dirigenti e delle società partecipate», nonché i «primi risultati raggiunti nell'ambito del piano di rientro dal disavanzo sanitario», non si fida. Per questo ha chiesto e ottenuto dal governatore siciliano che in tempi brevi «parta un processo di confronto serrato, a livello tecnico, per un'analisi di dettaglio di tutte le componenti di spesa del bilancio regionale». Obiettivo: «Garantire un quadro di massima conoscibilità e trasparenza dei dati». Traguardo che al momento, quindi, evidentemente ancora non è stato centrato. Eppure ieri il governatore ha fatto sfoggio di ottimismo respingendo le accuse: «La Regione siciliana ha conti solidi e quindi è in grado di pagare gli stipendi del personale e di onorare i propri debiti. La mancata corresponsione degli emolumenti è un'altra menzogna». L'unica «criticità», concede, «si chiama liquidità. Liquidità legata alla riduzione delle entrate tributarie e ai crediti che abbiamo con lo Stato». Crediti pari complessivamente a un miliardo di euro che però, come dimostrano i trasferimenti degli ultimi giorni, poco a poco stanno rientrando nelle casse regionali. DIMISSIONI VICINE Sul tavolo di Palazzo Chigi, Lombardo mette anche la conferma delle proprie dimissioni da governatore. «Il 31 luglio», ribadisce. Questo significa che, «a Dio piacendo», i siciliani si recheranno alle urne il 28 e 29 ottobre. E «in questi mesi di campagna elettorale, da qui alle elezioni non ci saranno sperperi», assicura il governatore. «Abbiamo concordato con Monti che non ci saranno spese pazze, ma rigore nei conti».