Ora Lusi svela i trucchidi Franceschini e Fioroni
Il senatore agli arresti spiega come i dirigenti della Margherita mandassero i loro uomini a ritirare contanti per non essere tracciati
L'accordo era verbale. Per questo la documentazione contabile non è così vasta. Solo in pochi casi- in gran parte già noti per le rivelazioni stampa- Luigi Lusi aveva pagato le spese di alcuni leader della Margherita attraverso procedure già tracciate o tracciabili. Nella stragrande maggioranza dei casi la contabilità poi è stata sistemata in qualche modo, ma il pagamento è avvenuto in contanti anche per somme rilevanti. L'ex tesoriere della Margherita ieri è stato messo alle strette dai magistrati che nel primo interrogatorio non volevano discostarsi dalle sue personali responsabilità, chiedendo semmai di aggiungere nuovi particolari sugli “investimenti” a vantaggio di Lusi e della sua famiglia con soldi della Margherita. Ma è stato lì che il tesoriere è riuscito a levarsi dall'angolo. Per difendersi. Ha spiegato ai magistrati che parte della ricostruzione dei movimenti di denaro da 23 milioni di euro è stata a lui erroneamente imputata. Un caso - certo per importi non così rilevanti rispetto al totale - è stato ricostruito nel dettaglio, ed è quello dei rimborsi chilometrici da decine di migliaia di euro che la magistratura aveva imputato a lui, considerando al documentazione una semplice copertura per transazioni con altra destinazione. Lusi ha spiegato che invece le due auto a cui erano imputati quei rimborsi spesa erano nella disponibilità di due leader della Margherita, oggi fra i più importanti dirigenti del Partito democratico: Dario Franceschini e Giuseppe Fioroni. In entrambi i casi la nota spesa presentata per l'utilizzo dell'auto segnava un numero di chilometri davvero impressionante (vero però che Fioroni ha ammesso un uso clamoroso dell'auto per spostarsi, sostenendo che anche nella recente campagna elettorale amministrativa aveva percorso più di 100 mila chilometri in circa un mese). Ma è il sistema contabile utilizzato che Lusi ha iniziato a spiegare a porre il dubbio ai magistrati su fatti penalmente rilevanti che possano riguardare soggetti terzi. Il problema è tutto qui: gli inquirenti da un lato non vogliono farsi portare fuori strada dall'ex tesoriere infilandosi in contabilità che ha un sicuro rilievo politico, ma profili di responsabilità penale più fumosi. D'altro lato gli stessi inquirenti vorrebbero fugare quell'ombra di “fumus benevolentiae” che ha ben esplicitato il senatore-avvocato dell'Idv Luigi Li Gotti nel giorno in cui l'assemblea di palazzo Madama ha deciso di concedere l'arresto del'ex segretario amministrativo della Margherita. Nel palazzo di Giustizia di Roma quell'intervento un po' ha scosso, e l'intenzione della procura è quella di fugare ogni sospetto di inchiesta “suggerita” e “indirizzata” dai vertici di quel partito ormai sciolto, all'interno dei quali c'erano esponenti che da tempo conoscevano qualcuno dei magistrati inquirenti. Ma anche con le migliori intenzioni, un pubblico ministero non può inseguire piste dal rilievo politico, costretto ovviamente ad identificare le possibili violazioni del codice penale. Il sistema in vigore nella segreteria amministrativa della ex Margherita era quello del rimborso su richiesta delle spese di alcuni dirigenti che erano stati precedentemente autorizzati dal vertice. Secondo la versione di Lusi quell'autorizzazione era già in sé una sorta di carta di credito e in un solo caso fu revocata: quello che riguardò Matteo Renzi. Per questo motivo la segreteria amministrativa della Margherita nella prima parte del 2009 pagò due fatture emesse da aziende di Firenze che secondo Lusi lavoravano per la campagna elettorale di Renzi per la conquista della poltrona di primo cittadino. La terza fattura- che pure aveva ad oggetto lo stesso tipo di attività- non fu invece saldata da Lusi perché fu Rutelli a comunicare l'esclusione del pierino Renzi dal novero dei dirigenti Margherita autorizzati a spendere i soldi del partito. Tutta la contabilità non tracciata è comunque stata registrata dall'ex tesoriere ed è contenuta nella chiavetta consegnata ai pm dalla sua segretaria dell'epoca, Francesca Fiore. Lì dentro ad esempio era annotato il pagamento di somme rilevanti nel 2009 a una società che poi si è rivelata essere una tipografia. Tipica spesa di una campagna elettorale politica, curiosamente però attribuita nelle carte di Lusi come finanziamento a Franceschini, che sicuramente non era proprietario della tipografia. Lusi naturalmente sostiene di avere registrato nelle motivazioni di uscita di cassa le spese dichiarate da chi ne aveva diritto. Ma non essendoci documentazione contabile a supporto, ha dovuto credere sulla parola a chi gliele presentava. Non può escludere che quei soldi - somme anche rilevanti - ritirati dai collaboratori dei principali dirigenti del partito, siano stati invece utilizzati ad altro fine. Questo solo gli inquirenti possono capirlo, identificando eventuali altri casi di appropriazione indebita dei fondi della Margherita. di Franco Bechis