Occhio Bobo, anche Tosi è un tuo nemico
Chi si aspettava dal No-Imu Day di Verona indicazioni politiche precise è rimasto deluso. Tutto è procrastinato al prossimo Congresso Federale riprendendo la “politica del rimando” di cui Bossi è stato maestro. Ed è un peccato perché, dopo avere “pasturato” per decenni l'elettorato padano, al momento in cui la situazione generale sembrerebbe offrire finalmente gli esiti sperati, la Lega rischia di vedersi soffiare il bottino da altri che buttano le loro reti per la prima volta: i grillini o uno dei tanti nuovi soggetti politici che si stanno organizzando. L'uomo giusto - Maroni è partito bene: ha la faccia, l'età, la fedina penale e il curriculum giusti; ha iniziato facendo pulizia (caso unico nel panorama partitico nazionale, e in una condizione molto meno purulenta di quelle degli altri) ma poi ha un po' rallentato. Fa piedino a un Pdl ormai inconsistente, ammicca alla sinistra. Soprattutto non esplicita quale sia il suo progetto: la Padania indipendente va benissimo ma bisogna spiegare ai militanti (stufi di slogan tonitruanti) e a tutti gli altri cittadini come ci si arriva. Non da indicazioni sulle iniziative e sulle azioni da intraprendere. Lo farà al Congresso? È l'ultima occasione. Certo la sua non è una situazione facile. A suo favore ha le condizioni socio-economiche italiane ed europee che confermano tutto quello che la parte migliore della Lega ha predetto per anni; dalla sua ci sono anche gli scricchiolii sempre più sinistri dello Stato unitario. Ha però contro tre fattori, tutti interni al suo schieramento. Tre guai - Il primo deriva dalla scarsa qualità complessiva del personale umano che ha a disposizione che è il risultato di decenni di purghe bossiane che hanno eliminato gran parte di quelli che avevano idee, testa, credibilità ed esperienza. Fa bene ad affidarsi ai giovani ma anche questi – privi del riferimento della più solida cultura autonomista – rischiano di combattere disarmati. Il secondo risulta dalle due anime che si stanno delineando fra i suoi: una parte sempre più decisamente secessionista e una che nasconde dietro a un blando federalismo un po' doroteo vecchie pulsioni italianiste, nazionaliste o peggio. La contrapposizione era quasi caricaturale nella piazza di Verona: da una parte Soli delle Alpi e Leoni di San Marco fra cori separatisti piuttosto accesi e dall'altra i giovanotti di Casa Pound che – per l'occasione – hanno almeno avuto il buon gusto di lasciare a casa i tricolori. È inevitabile che questa contraddizione, principalmente impersonata da Tosi, non potrà che esplodere con esiti devastanti. L'ultima rogna è rappresentata da Bossi. Se pure sarà eletto Segretario Federale, Maroni avrà comunque sempre fra i piedi (lo si è visto chiaramente a Verona) il vecchio Capo che cercherà di imporre una diarchia che può risultare mortale per il partito. Fingendo di accettare un ruolo puramente rappresentativo, Bossi si allena alla parte di deus ex machina, di fattore imprevedibile, di Brighella in grado di scombussolare il copione della commedia a suo piacimento: una mina vagante fuori controllo che potrebbe annullare ogni buona azione della nuova dirigenza. Per evitarlo Maroni deve disfarsi drasticamente del padre-padrone e della sua corte di miracolati anche senza aspettare altri interventi della magistratura. Oggi allo Stato non serve far fuori Bossi (politicamente lo ha già fatto) ma usarlo per ingessare la Lega, per impedirle di tornare a crescere e costituire un pericolo. Maroni deve perciò fare da solo e deve fare in fretta. di Gilberto Oneto