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Su Brindisi il Fattoattacca i complottistima salva Grillo e pm amici

Il commento: il quotidiano mette alla berlina chi ha detto fandonie (ma non tutti...)

Andrea Tempestini
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È il terzo giorno di fila che cito Luca Telese: domani vado a farmi vedere. Però, ecco: Telese nei giorni scorsi ha lasciato Il Fatto Quotidiano perché oltretutto c'erano personaggi come Beppe Grillo e Antonio Ingroia e Giancarlo Caselli che erano diventati degli intoccabili, ha detto. L'avrà fatto anche  per altre ragioni,  ma ha detto così. Ciò premesso, sappiamo che subito dopo la bomba di Brindisi furono dette le peggio cazzate, e infatti su Libero di ieri ci siamo divertiti a metterle alla berlina come avevamo già fatto subito dopo l'attentato. Non siamo stati i soli: ieri, per esempio, anche Il Fatto Quotidiano si è divertito a mettere alla berlina le cazzate eccetera. E - domanda - indovinate chi si sono dimenticati di citare? Proprio Grillo e Ingroia e Caselli, cioè quelli che avevano paventato gli scenari più foschi e inquietanti.  Mafia e politica E indovinate chi invece hanno citato? Proprio quelli che stanno sulle palle a Grillo e Ingroia e Caselli, oltreché a loro. Cioè: Grillo aveva detto, con evocazioni genere strage di Stato, che lui la bomba la «sentiva nell'aria» e l'aveva citata altre volte durante la campagna per le amministrative, roba tipo «bomba o non bomba arriveremo a Roma»; Ingroia aveva parlato di analogie con le stragi del '92-'93 e aveva spiegato che «la mafia non riesce a fare a meno di rapporti con la politica e per mettersi sul mercato dimostra di essere ancora forte». Caselli, nume tutelare di Ingroia, aveva parlato di «rischio di poteri occulti o deviati» e via così, non la facciamo lunga. Ecco: sul Fatto, non una parola su di loro.  Gli innominabili E non una parola, a guardar bene, neppure su Antonio Di Pietro («qualcuno vuole il caos e in questa situazione politica vede la possibilità di scatenarlo di nuovo») e su Maurizio Landini della Fiom («poteri occulti hanno tentato una strage mentre sono in atto cambiamenti nel Paese») e altri ancora. E noi li comprendiamo, quelli del Fatto Quotidiano: siamo uomini di mondo e di strapaese. Al giornale di Padellaro lavora il figlio di Giancarlo Caselli (Stefano) e l'addetto stampa e compagno di vacanze di Ingroia (Travaglio) e l'ex addetto stampa di Di Pietro (sempre Travaglio) e il biografo personale di Beppe Grillo (Andrea Scazzi) e già che ci siamo: ci lavora pure il figlio del magistrato ed ex sindaco di Genova Adriano Sansa (Ferruccio) e ci scrive l'ex magistrato Bruni Tinti: i quali, tutti insieme, magari costituiscono la divisione contro i conflitti d'interesse.  Autocensura Però, ecco: piuttosto che coprirsi di ridicolo allora rinuncino all'articolo, non citino - come hanno fatto - solo il capo della Polizia, Antonio Manganelli, e poi naturalmente il procuratore antimafia Piero Grasso (che a Ingroia e Caselli fa venire l'orticaria) e poi Massimo D'Alema e Alfredo Mantovano e ancora un paio di ministri: tutta gente che peraltro non aveva detto granché, a ben vedere. Ripetiamo, siamo uomini di mondo e non c'è certo da prendersela con l'autrice dell'articolo omissivo, Silvia D'Onghia: nessuno, qui, sosterrà che sia andata incontro a censura. Infatti si chiama autocensura. Ci dev'essere un bel clima, da quelle parti. Filippo Facci

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