Alemanno guida la rivolta: il problema è Berlusconi
Il sindaco di Roma: "Silvio dovrebbe farsi una fondazione". Nel partito lo pensano in molti: Cav troppo ingombrante
Pensionare Berlusconi. Questa è la tentazione che si sta facendo strada nel Popolo della Libertà. Dopo il risultato elettorale alle amministrative e l'annuncio sul semipresidenzialismo alla francese come panacea di tutti i mali, ogni giorno il malcontento cresce e aumenta il numero di coloro che ritengono il Cavaliere un ostacolo e non più una risorsa. A dirlo chiaramente è il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha invitato Berlusconi a fare un passo indietro mettendosi "alla guida di una fondazione e da lì dare indicazioni e indirizzi", così da "rafforzare la leadership di Alfano al timone del partito". Un ruolo da padre nobile, non più operativo, simile a quello che Roberto Maroni ha ritagliato per Umberto Bossi nella Lega. Ma a pensarla come Alemanno sono in tanti. Altri ex An (gli unici a dirlo senza troppi timori), ma anche molti ex azzurri, che ormai non credono più nelle capacità di rilancio del Cavaliere. "Berlusconi ha una forza elettorale del 15 per cento. Questo può andar bene se il Cav vuole mettere in piedi un suo partito personale per continuare a sopravvivere. Ma se l'ambizione è quella di costruire una nuova grande forza di centrodestra con Casini e Montezemolo, il Cav deve capire che un suo passo indietro, o per lo meno di lato, è inevitabile", racconta un deputato ex forzista. Nel partito, intanto, il clima continua a essere pessimo. La novità sul semipresidenzialismo alla francese continua a non convincere nessuno. La sensazione generale è quella di vivere alla giornata, senza un'idea o un progetto preciso da perseguire e nemmeno a quali interlocutori rivolgersi. Per questo motivo sono in tanti a pensare che, arrivati a questo punto, l'unica vera novità possa essere solo l'uscita di scena del Cavaliere. Che provocherebbe due effetti immediati: rafforzare Alfano come segretario e rendere possibile il dialogo con tutti quelli che, da Casini a Montezemolo, hanno posto come condizione per la costruzione di un progetto comune proprio l'uscita di scena del Cavaliere. "Berlusconi può stare defilato fin che vuole, ma finché sarà lui a dare le carte, Casini non si alleerà mai con noi", sussurra un senatore. L'ex premier, però, a farsi da parte non ci pensa neanche lontanamente. Anche perché la maggior parte dei suoi fedelissimi continua a dirgli il contrario: e cioè che solo un suo ritorno in campo come leader del partito può salvare il centrodestra. "Bisogna mettere in campo una grande mobilitazione per dire che dobbiamo ripartire da Berlusconi", sostiene Micaela Biancofiore. I sondaggi sul tavolo del Cav, però, continuano a essere sconfortanti, con consensi sempre più in calo. E lo stesso Berlusconi sa bene che per invertire la rotta dovrà inventarsi qualcosa di maggiore appeal del semipresidenzialismo. Altrimenti il rischio di essere superati da Beppe Grillo potrebbe diventare una realtà. di Gianluca Roselli