"Andrea Purgatori morto per colpa dei medici": quattro specialisti verso il processo
Negligenza. Incuria. Superficialità. La morte del giornalista Andrea Purgatori - avvenuta quasi un anno e mezzo fa, il 19 luglio 2023 - si sarebbe potuta evitare se i quattro esperti che l’avevano in cura fossero stati più attenti. Questa, almeno, è la tesi che si legge nell’avviso di conclusioni delle indagini della procura di Roma: e così a rischiare di finire a processo per omicidio colposo, ora, sono il radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi e la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, entrambi appartenenti alla sua equipe, oltre al cardiologo Guido Laudani, i quali - secondo il documento - «cagionavano con condotte colpose il decesso di Purgatori». A portare Francesco Lo Voi, procuratore capo di Roma, e il sostituto Giorgio Orano a questa decisione sono stati gli esiti di una perizia deposita nei mesi scorsi da esperti incaricati dal tribunale, i quali hanno spiegato che il giornalista, benché malato di un tumore polmonare, aveva di fronte a sé una maggiore aspettativa di vita, troncata però da «errori diagnostici» e superficialità inattese.
I radiologi «con grave imperizia» avevano pensato di individuare metastasi inesistenti da curare con una radioterapia superflua, un referto «redatto con grave imperizia, negligenza e imprudenza». Secondo l’accusa, il radiologo Gianfranco Gualdi, «anche nella successiva interlocuzione con il paziente e i suoi familiari, nonché con gli altri sanitari coinvolti, rappresentava con forza, sulla base dell’errata diagnosi di cui sopra, la necessità di avviare Purgatori a immediate cure radioterapiche (trattamento radioterapico panencefalico effettuato dal 15 al 30 maggio 2023) per affrontare la grave e prioritaria emergenza metastatica cerebrale, dunque non solo causando la sottoposizione del paziente a inutile e debilitante terapia, ma soprattutto determinando un serio sviamento nell’approccio diagnostico e terapeutico degli altri sanitari, anche per il mancato rilevamento di lesioni ischemiche la cui causa sarebbe stata necessario indagare senza ritardo». L’atto di conclusioni delle indagini arriva a circa due mesi dalla perizia medico-legale disposta dal gip. I periti, senza mezzi termini, parlano di «una catastrofica sequela di errori ed omissioni». Nel documento si spiega che «un corretto trattamento diagnostico-terapeutico avrebbe consentito al paziente Purgatori un periodo di sopravvivenza superiore a quanto ebbe a verificarsi. La letteratura scientifica considera il tasso di sopravvivenza a un anno in misura dell’80% qualora l’endocardite venga tempestivamente adeguatamente trattata». Nella perizia, inoltre, si aggiunge che l’endocardite «avrebbe potuto essere individuata più tempestivamente, per lo meno all’inizio del ricovero dal 10 al 23 giugno del 2023, o ancora prima, nella seconda metà di maggio 2023, qualora i neuroradiologi avessero correttamente valutato l’esito degli accertamenti svolti l’8 maggio».
Il giornalista (ma anche sceneggiatore, saggista e attore). invece, è morto il 19 luglio 2023, all’eta di 70 anni, proprio per un’endocardite (infezione dei tessuti cardiaci) curabile. Di Biasi è anche accusato di falso perché «al fine di occultare l’errore diagnostico» descritto insisteva sulle inesistenti metastasi, mentre Laudani «ometteva di impostare un corretto percorso diagnostico» che permettesse di individuare le cause delle ischemie. Nicola Madia, l’avvocato del cardiologo Laudani, si dice amareggiato: «Purgatori è deceduto per le naturali complicanze di un gravissimo tumore polmonare con metastasi. Il mio assistito ha operato in ossequio alle buone pratiche». Sulla stessa linea l’avvocato Fabio Lattanzi che assiste Di Biasi e Colaiacomo: «Resta la convinzione che il procedimento si chiuderà con un proscioglimento. L’esame dei periti e le loro risposte determinano la sicurezza che nessuna responsabilità hanno i miei assistiti».